Pistoia

I primi di settembre 1944 lo sfondamento del fronte, "Arno-stellung", e la successiva strategia alleata segnarono velocemente il destino della linea di difesa germanica nel territorio provinciale pistoiese. Le opere a ovest di Collodi, sull'altopiano delle Pizzorne, erano collegate morfologicamente ai sistemi difensivi lucchesi. Più disorganico era il loro sviluppo verso est: qui la Linea Gotica era stata essenzialmente costituita sfruttando al meglio la conformazione del territorio, sapendo di poter ritardare, ma non fermare, l'avanzata nemica in quel settore. Entro la fine dell'estate 1944 i tedeschi avevano abbandonato la prima Linea Verde; la seconda, con il suo sistema difensivo velocemente approntato, con le postazioni interrate e le piazzole inserite nella terra di nessuno davanti ai territori ancora da liberare, resisterà fino alla primavera dell'anno successivo, tagliando fuori dalla pace così agognata una parte della zona montana della provincia ancora per mesi. Le difese della prima Linea Verde erano invece ben strutturate: postazioni fisse di artiglieria di vario genere (torrette di carro armato o bunker in cemento, trincee, nidi di mitragliatrici) erano state posizionate sui poggi antistanti lo spartiacque appenninico. A destra delle Pizzorne, sui contrafforti a nord-est di Pescia, oltre il paese arroccato di Serra Pistoiese, fortemente presidiato, c'era la piazzaforte della Femminamorta a bloccare l'avanzata dalle valli della Pescia, della Nievole e del Vincio; poi il castello di Cireglio, fortemente militarizzato, con il posto di osservazione al Sasso e il paese completamente raso al suolo con le rovine disseminate sulla strada regionale 66, forse il più esposto rispetto alla linea generale del fronte; al passo della Collina casematte e postazioni di artiglieria che martelleranno per quindici giorni la piana dell'Ombrone, posizionate sul terreno antistante il passo nel raggio di qualche chilometro, con un tratto di strada statale 64 devastata dalle rovine del distrutto paese di Croce a Uzzo e un cannone a lunga gittata posizionato nella galleria delle Svolte, sulla linea ferroviaria porrettana; a est i rilievi più alti (Poggio Alto, monte Acuto, monte Pozzo del Bagno), con le loro cime attorno ai 1000 m e i pendii scoscesi e boscosi, inadatti alla risalita di mezzi pesanti e posti davanti a zone scarsamente antropomorfizzate verso il confine con la provincia di Prato, con trincee e nidi di mitragliatrici sui crinali. Dovunque la visibilità dalla linea difensiva era disturbata da qualcosa, questo qualcosa veniva distrutto: interi pendii privati di vegetazione, tagliati interi boschi di castagni, filari di viti e oliveti, rasi al suolo edifici di riferimento topografico (campanili, torri, ville o case isolate poste in posizioni strategiche).
Gli attacchi alleati in provincia risentirono dell'andamento generale dell'offensiva della 5a Armata americana, che partendo dal mare a mo' di perno aveva portato il maggiore sforzo a est del proprio fronte, verso i passi appenninici fiorentini, in concomitanza con l'impegno dell'8a Armata britannica sul litorale adriatico. Il territorio pistoiese vide quindi un'avanzata graduale del IV corpo d'esercito della 5a Armata a supporto dello scardinamento del sistema difensivo tedesco al passo della Futa. Il maltempo (forti piogge avevano ridotto i sentieri a fiumi di fango) e la stanchezza dei soldati (stremati dalla lunga campagna e decimati dalla partecipazione ad altri teatri operativi) non aiutavano il procedere delle truppe: ci vollero oltre venti giorni per passare le prime linee difensive dei tedeschi, stanchi anch'essi e "senza speranza" come diceva il loro stesso comandante del settore, ma tenaci nella difesa delle posizioni, convinti di fermare gli alleati sugli Appennini per l'inverno e ritardare così il loro arrivo nella strategica Pianura Padana. Nel frattempo, già fin da giugno la politica tedesca di "bonifica" del territorio a cavallo del fronte dalla minaccia partigiana, oltre alle distruzioni materiali, aveva portato a grandi lutti per i civili: quasi 400 le vittime tra gli inermi (donne, anziani, bambini). La strage più cruenta fu quella nel Padule di Fucecchio (174 morti), ma episodi altrettanto crudeli si verificarono a Pescia, San Quirico, Montale, Striglianella, Serra Pistoiese, Calamecca, Pianosinatico.
L'avanzata dei reparti alleati alla fine di agosto 1944 si può individuare in due linee direttrici: a ovest di Montecatini Terme arrivarono reparti statunitensi direttisi in zona deviando da ovest (Lucca) verso est, mentre partendo dalla cittadina termale verso Firenze la liberazione fu opera di reparti britannici (le Guardie britanniche e i reparti corazzati della 6a Divisione sudafricana). Questi ultimi, in pratica, passato l'Arno al guado davanti Riottoli, nei pressi di Empoli, risalendo il crinale e costeggiando a ovest e a est il monte Albano, liberarono nella prima settimana tutti i paesi a sud dell'attuale tracciato autostradale della A11 e si diressero poi su Pistoia, che i partigiani tenevano già dall'8 settembre. Gli alleati, infatti, troveranno molti paesi già liberi in mano ai partigiani e con strutture politiche reinsediate dal CLN. Dal 10 settembre le truppe britanniche iniziarono la risalita dei pendii dei rilievi appenninici. Temevano soprattutto la piazzaforte della Femminamorta, nel cui settore era accertata la presenza della brutale e agguerrita XVI Divisione SS, mentre, nonostante le distruzioni appositamente fatte dai tedeschi lungo le principali arterie rotabili (erano stati fatti saltare quasi tutti i ponti stradali e i viadotti ferroviari, come quello di Piteccio), riuscirono a varcare le postazioni fortificate, ma abbandonate nel frattempo, di Cireglio e del passo della Collina. In generale, verso la fine di settembre l'ordine di ritirarsi aldilà dello spartiacque appennico avuto dalle truppe tedesche stanziate nel settore svuotò le difese fino ad allora presenti in quei capisaldi. La morfologia del terreno favorì invece la possibilità di una difesa anche con poche truppe sugli alti poggi dietro Montale: qui, dove i carri armati Sherman avevano difficoltà ad avanzare a supporto della fanteria, si svolsero i combattimenti più cruenti, con scontri all'arma bianca tra le truppe indiane del reggimento dei Frontier Force Rifles e della 362a Divisione di fanteria tedesca. L'avanzata, insieme con l'arresto generale del fronte anche a causa di un ulteriore peggioramento delle condizioni atmosferiche, si fermò ai primi di ottobre 1944 dopo la liberazione di Cutigliano e Spignana. Rimanevano in mano ai tedeschi i crinali più elevati dell'Appennino Tosco-Emiliano e alcune località dell'alta montagna pistoiese (Abetone, Pianosinatico, Melo, Rivoreta). Qui resisterà fino alla primavera successiva un sistema di difesa compreso nella seconda Linea Verde e presidiato da truppe di montagna tedesche e dai "marò" della divisione San Marco della Repubblica di Salò. Dall'altra parte la 10a Divisione alpina USA, arrivata agli inizi del 1945, sarà coadiuvata dai partigiani di Pippo (XI Zona) e della brigata Costrignano nel presidiare il difficile fronte invernale delle alte vette dell'Appennino Tosco-Emiliano.
Le strutture della prima Linea Verde ebbero quindi una vita operativa molto breve: fin dall'immediato subirono un deterioramento dovuto, oltre che alle vicende belliche (distruzione o autodistruzione), all'opera di risanamento del territorio dietro il fronte iniziata fin nel primo semestre successivo alla liberazione; un'opera di recupero dei materiali metallici e di altro genere (anche la legna da ardere fa comodo nel freddo inverno 1944), così necessari all'economia stremata delle popolazioni locali. Un'opera di smantellamento che durerà anche negli anni successivi alla guerra e che lascerà traccia della Linea Gotica soprattutto nel ricordo dei testimoni.

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Aggiornato al:
18.02.2013
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570586