Da Borgo San Lorenzo a Marradi e Vicchio

Il punto di partenza dell'itinerario è Borgo San Lorenzo, che si raggiunge dall'autostrada A1 Milano-Napoli (Autostrada del Sole), uscendo a Barberino di Mugello, costeggiando il lago di Bilancino e prendendo la strada provinciale 551 Traversa del Mugello (circa 20 km).
 

Borgo San Lorenzo

Sorto attorno all'omonima pieve il cui primo impianto risale al X secolo, è il principale centro urbano del Mugello. L'edificio sacro è caratterizzato da un originale campanile a pianta semidodecagonale e conserva al suo interno una Madonna attribuita a Giotto. Famoso per le manifatture ceramiche Chini, il paese ospita nella villa Pecori-Giraldi, di origine rinascimentale ma oggetto di vari restauri a partire dalla metà dell'Ottocento, un importante museo dedicato alla produzione di oggetti in ceramica, arredi in gres e vetrate artistiche.
Borgo San Lorenzo ha vissuto nell'epoca della Resistenza un episodio particolarmente drammatico: il bombardamento delle forze alleate avvenuto il 30 dicembre 1943, che provocò ingenti danni, un centinaio di morti e numerosi feriti. Nei mesi successivi si intensificarono gli episodi di guerriglia e di distruzione fino alla definitiva liberazione del paese l'11 di settembre 1944.
A Borgo San Lorenzo hanno sede due centri di documentazione. Il Centro per la storia mugellana nell'età contemporanea e nella Resistenza, attivo dal 2004, conserva una ricca documentazione storica e iconografica degli eventi bellici nella zona del Mugello. Il Centro di Documentazione storico-territoriale del Mugello, attivo dal 1980, raccoglie documenti dell'archivio delle Camere del Lavoro, atti, memorie, fondi speciali e pubblicazioni di storia locale. Per informazioni si può contattare l'Ufficio Cultura della Biblioteca comunale di Borgo San Lorenzo.
Lasciato Borgo San Lorenzo si percorre la statale 302 "Faentina" e, oltrepassato il santuario cinquecentesco della Madonna dei Tre Fiumi e il passo della Colla di Casaglia, si giunge dopo circa 26 km a Crespino del Lamone.


Crespino del Lamone

Il piccolo centro abitato sorse probabilmente dopo l'edificazione di una tra le più antiche abbazie appartenenti all'ordine di Vallombrosa, l'abbazia di S. Maria, fondata presumibilmente nel 1048. Questa piccola frazione di Marradi viene ricordata dagli storici della Resistenza per un eccidio avvenuto il 17 luglio 1944, in cui 44 persone vennero uccise per mano nazista. Le spoglie delle vittime del massacro sono custodite nel Tempio-ossario dei Caduti di Crespino, progettato da Mario Bini e recante una pala commemorativa eseguita da Lanfranco Raparo. Il tempio è visitabile su richiesta contattando il Comitato Onorcaduti allo 055804719.
Da Crespino del Lamone, proseguendo ancora sulla statale 302, si raggiunge il centro di Marradi dopo 10 km circa.
 

Marradi

Il territorio di Marradi, uno dei centri più caratteristici delle valli del Mugello, abitato fin dall'antichità, venne fortificato in epoca romana e denominato "Castello" (Castellum). Attorno alla fortezza si estendevano i poderi, uno dei quali era chiamato "Marrato" cioè zappato da cui, forse, l'origine del toponimo. Dominio dei conti Guidi prima e in seguito della Repubblica fiorentina, Marradi conserva un pregevole centro storico caratterizzato dalla piazza delle Scalelle, sulla quale si affacciano il Palazzo comunale con il loggiato, il seicentesco palazzo Fabbroni, il palazzo del Cannone, risalente al XV-XVI secolo, e la chiesa del Suffragio (sec. XVIII). Altra emergenza significativa è il tardosettecentesco teatro degli Animosi. Il borgo ha dato i natali al poeta Dino Campana (1885-1932), del quale resta tutt'ora l'abitazione e si conservano presso l'archivio comunale documenti e scritti. Molto note anche le attività legate alla coltivazione e alla lavorazione dei marroni.
Vicende di guerra. Come tutto l'Alto Mugello anche Marradi, liberata il 25 settembre 1944, fu protagonista di numerosi eventi legati al Secondo conflitto mondiale. Il tributo di vittime e di distruzioni gli è valsa la Medaglia d'oro al Valor civile. In particolare si ricorda il bombardamento aereo alleato, diretto senza successo al vicino ponte ferroviario, che causò una quarantina di vittime e la distruzione di un intero rione del paese. Nei pressi della località detta "Capanna del Partigiano", luogo panoramico sul crinale appenninico, si svolse una consistente operazione militare alleata con il lancio aereo di truppe. Il luogo fu anche teatro di una delle più cruente battaglie combattute dalla brigata partigiana di Silvio Corbari, avvenuta il 18 luglio 1944 e ricordata con una lapide. La storica villa di Ersilia Fabroni (seconda metà sec. XIX), requisita dalle forze nazifasciste, divenne alloggio di truppe e sede di interrogatori e torture, tappa obbligata dei marradesi inviati nei campi di deportazione. Attualmente ospita una residenza per anziani. Il palazzo Torriani (fine sec. XVI), nelle immediate vicinanze di Marradi, fu sede delle truppe anglosassoni, come testimonia la scritta in inglese sulla porta di una stanza al tempo adibita a magazzino. Oggi è un Bed & Breakfast e una residenza d'epoca visitabile ogni seconda domenica del mese su prenotazione (0558042363). Per informazioni si può contattare il Comune di Marradi.
Da Marradi è possibile fare una deviazione dall'itinerario principale e raggiungere lungo la provinciale 306 Palazzuolo sul Senio (circa 11 km). Volendo si può arrivare a Palazzuolo anche dalla Colla di Casaglia, percorrendo la provinciale 477 per 16 km circa.
 

Palazzuolo sul Senio

Incantevole borgo nel cuore della Romagna toscana, al centro di un paesaggio in larga parte intatto dove è possibile fare gite a piedi, in mountain bike o a cavallo. Feudo degli Ubaldini, che gli assegnarono il ruolo di "mercatale", ovvero di punto di scambio dei prodotti dell'agricoltura e dell'artigianato, passò successivamente sotto il controllo della Repubblica fiorentina e più tardi fu sede del vicariato. Conserva nella piazza il trecentesco palazzo dei Capitani con il Museo delle Genti di Montagna e il Museo archeologico Alto Mugello. Nei dintorni spicca il santuario quattrocentesco della Madonna della Neve di Quadalto.
Palazzuolo era interessato dalla Linea Gotica e le truppe alleate dell'VIII Armata britannica e quelle tedesche della X Armata si installarono sulla riva sinistra del fiume Senio per tutta la durata dell'inverno 1944-45. A Palazzuolo nacque la 46a brigata Garibaldi Alessandro Bianconcini, che qui operò dall'inverno 1943 sino alla liberazione avvenuta il 24 settembre 1945. Nella primavera e nell'estate precedenti, sul crinale appenninico del monte Faggiola le truppe tedesche scavarono diverse trincee al fine di ostacolare l'avanzata verso il Senio degli alleati, ma furono costrette a ripiegare sulle alture circostanti per la rapidità dell'incedere nemico. La battaglia del fiume Senio, del 10-13 aprile 1945, fu particolarmente importante perché consentì agli alleati di proseguire l'avanzata verso Bologna.
Nel centro di Palazzuolo, in piazza Ettore Alpi, una cappella votiva con affreschi dell'artista Tito Chini ricorda i caduti di tutte le guerre.
Da Marradi, proseguendo l'itinerario principale, si percorre la provinciale 74 (provinciale 55 nel tratto emiliano-romagnolo) fino all'Alpe di San Benedetto (circa 20 km), da dove si diparte la statale 67 tosco-romagnola che conduce dopo circa 17 km a San Godenzo.
 

San Godenzo

Il paese prende nome dall'abbazia dedicata a San Gaudenzio, fondata nel 1028 per volere del vescovo di Fiesole Jacopo il Bavaro. L'8 giugno del 1302 l'abbazia ospitò uno storico incontro tra gli esuli ghibellini e i guelfi bianchi, tra i quali era presente Dante.
Il borgo è circondato da verdi montagne, ricoperte per lo più di faggete, la più importante delle quali è quella che riveste il monte Falterona (1654 m). L'ambiente oltre a essere ricco dal punto di vista naturalistico, è importante per i segni lasciati dall'uomo e dalla sua cultura. Non stupisce dunque che circa un terzo del territorio del comune di San Godenzo sia entrato a far parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna (vedi itinerario Da Pieve Santo Stefano a Poppi, p. 110).
Uno degli eventi più drammatici nella storia del comune si verificò durante il Secondo conflitto mondiale quando, dall'11 al 13 settembre 1944, il paese fu completamente raso al suolo dall'esercito tedesco al fine di contrastare l'avanzata degli alleati. I tedeschi, volendo lasciare al nemico terra bruciata, non si limitarono alla distruzione delle case del capoluogo e delle frazioni di il Castagno d'Andrea, Casale e Ficciana, ma dispersero anche il bestiame con le provvigioni e distrussero i boschi. L'unico edificio risparmiato, per scrupolo nazionalistico, fu proprio l'abbazia: il suo fondatore era di origine tedesca.
Nel corso dell'azione di rastrellamento che interessò la zona del monte Falterona, centro strategico per la Resistenza, il 12 e il 13 aprile 1944 si consumarono le stragi di San Godenzo, del Castagno d'Andrea e del monte Falterona. Il paese di il Castagno d'Andrea venne saccheggiato, le case distrutte, sette abitanti furono fucilati e gli altri, circa 700, privati di cibo e nella totale miseria, costretti ad abbandonare il luogo. Nel bosco sopra il Castagno d'Andrea 11 partigiani vennero fucilati dai tedeschi che si stavano trasferendo nella località di Vallucciole.
 

Dicomano

Da San Godenzo, procedendo ancora sulla strada statale 67 per circa 10 km si giunge a Dicomano, piccolo paese anch'esso interessato sul fronte nord dalla Linea Gotica della quale conserva alcune tracce. Sede dal Trecento al Settecento di un porto fluviale in collegamento con i cantieri navali di Pisa e Livorno, Dicomano, anche per la posizione strategica che occupa, fu gravemente danneggiato dalle vicende della guerra di Resistenza fino alla liberazione avvenuta il 10 settembre 1944.
Da Dicomano, la statale 551 Traversa del Mugello per Borgo San Lorenzo dopo circa 8 km conduce a Vicchio.
 

Vicchio

L'origine di Vicchio è fatta risalire alla fondazione, all'inizio del XIV secolo, di un castello eretto dalla Repubblica fiorentina per fronteggiare le famiglie dei conti Guidi e degli Ubaldini che governavano le montagne circostanti. Un fascino particolare deriva a questi luoghi dall'aver dato i natali a Giotto e al Beato Angelico, nati rispettivamente nel vicino colle di Vespignano attorno al 1267 e all'interno del castello nel 1387. Nella piazza centrale hanno sede il Palazzo pretorio e la chiesa di S. Giovanni Battista, in gran parte ricostruiti dopo il terremoto del 1919. Presso l'oratorio barocco di S. Filippo Neri è la casa dove abitò Benvenuto Cellini. Nel secondo dopoguerra la storia di Vicchio è legata alla figura di don Lorenzo Milani, che operò dal 1954 al 1967 nella piccola frazione di Barbiana.
Una delle pagine più drammatiche della storia di Vicchio ha visto protagonisti i suoi cittadini durante la Resistenza. I fatti più significativi si collegano alla prima liberazione del paese che i partigiani effettuarono il 6 marzo 1944. La reazione dei fascisti e dei tedeschi provocò infatti episodi di grande crudezza, come la strage di Padulivo, tra il 10 e l'11 luglio, dove le SS della divisione Goering fucilarono 15 ostaggi. Gravissimi furono i danni causati alle infrastrutture civili e alle abitazioni; anche le due antiche torri medievali agli ingressi del centro abitato furono distrutte. Tracce del passaggio della Linea Gotica restano in tutta la parte montuosa del territorio del comune, in particolare nella frazione di Villore, dove sono rintracciabili vari bunker disseminati nei castagneti. La liberazione di Vicchio avvenne l'11 settembre 1944. Il paese è stato insignito della Medaglia d'argento al Merito civile.

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Aggiornato al:
19.02.2013
Article ID:
570800