Per 17 giorni su un barcone alla deriva nel Mediterraneo

17 giorni in mezzo al mare, senza cibo e senza acqua, mentre i compagni morivano uno dopo l'altro. Muhammad Fatah viene dall'Etiopia e ora fa il mediatore culturale in un poliambulatorio di Emergency in Sicilia. Racconta la sua storia, che è quella di un giovane che vuole andarsene dal suo Paese dove c'è la dittatura, per sperare in un futuro diverso. Dall'Etiopia vuole raggiungere il Kenia, dove ci sono suoi cugini, ma non ci riesce perché in Kenia c'è la guerra civile. Allora decide di andare a nord, raggiunge la Libia, che definisce «un paese non vivibile, dove le persone sono trattate in maniera disumana» e poi si imbarca per attraversare il Mare di Sicilia. Sulla barca, un 12 metri, sono 80-85 persone, con numerose donne incinte e anche bambini. Navigano un giorno e mezzo, poi si rompe il motore e la barca resta, per 17 giorni, alla deriva nel Mediterraneo. Uno dopo l'altro i suoi compagni muoiono, alcuni non resistono psicologicamente e si buttano in mare. Lui sopravvive, insieme ad altre 15 persone, e alla fine viene salvato da un peschereccio di Mazara del Vallo. "Non ci credevo più" – confessa. E racconta che il primo giorno una nave maltese li ha avvistati, ma li ha lasciati alla deriva e al loro destino.
Perché fai il mediatore di Emergency? gli chiede Lerner. «Perché a me piace aiutare gli altri, dare quell'aiuto che io non ho ricevuto quando sono arrivato». L'ambulatorio di Emergency in Sicilia serve ad offrire assistenza a immigrati senza permesso di soggiorno. «Hanno paura – dice Muhammad – di essere denunciati se vanno negli ospedali e molti non si curano per questo». Lerner chiede quanto costa il viaggio della speranza. Muhammad risponde: "Anche 5-6 mila euro. La gente crede che ad emigrare siano i p overi, non è così, i poveri restano al paese. E' la classe media che emigra."
 

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Aggiornato al:
07.02.2013
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545387