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Diritti

Medici nei paesi di guerra - un'esperienza che segna la vita
"Chi di voi sogna di fare il medico?". Molte mani si sono alzate, molti potenziali medici e infermieri tra i 7000 studenti riuniti al Palasport. Ma non tutti i medici sono uguali e la guerra crea medici 'speciali' tra i volonatri delle organizzazioni sanitarie che intervengono in soccorso dei civili vittime di conflitti militari. "Essere medici in un Paese in guerra - ha detto Marco Garatti, rappresentante di Emergency - è un'esperienza che lascia dei segni. C'è bisogno di tempo, non è una cosa alla quale si possono dedicare solo pochi giorni o settimane. Ma lascia un guadagno per tutta la vita e quando torni a casa hai un modo diverso di capire la sofferenza e di guardare i tuoi pazienti. Hai aperto una finestra sul mondo". L'opera costante dei medici, degli infermieri e dei volontari impegnati in Paesi in guerra è stata al centro del dibattito. "I volontari italiani - ha precisato Nicoletta Dentico, direttrice dell'Osservatorio italiano della salute nel mondo - sono molti e conosciuti ovunque nel mondo. Ogni volta che interveniamo in una realtà di guerra c'è il rischio di cadere in un tranello: quello di credere che l'emergenza sanitaria duri solo finchè cadono le bombe. E' un rischio che dobbiamo scongiurare perché la vera battaglia contro malattia e miseria inizia quando si allontanano le telecamere e l'attenzione del mondo. Ricordo l'Angola, dove la guerra ufficialmente è finita da tempo, ma la popolazione si nutre di insetti e bacche. Dobbiamo pensare ad interventi a medio e lungo termine. Il soccorso immediato non è che l'inizio. E l'obiettivo di tutti noi deve essere uno solo, la pace". Ricordando come la popolazione civile sia la principale vittima dei moderni conflitti, e di come venga oppressa da una logica 'commerciale' che mira solo ad incrementare i guadagni di pochi prolungando la miseria generale, Marco Garatti e Nicoletta Dentico hanno lasciato la parola ad una delegazione del Ghana, ospite del Comune di Peccioli, venuta in Toscana per conoscere il sistema sanitario italiano. "I problemi con cui dobbiamo confrontarci ogni giorno - ha spiegato il portavoce Beddy Brighton - sono cose per voi piccolissime. Le nostre malattie si chiamano malaria e diarrea. Abbiamo un medico ogni 50.000 abitanti e pochissimi centri sanitari. Investiamo molto per far studiare medicina ai nostri ragazzi, ma una volta laureati emigrano verso l'Europa o gli Usa, attratti da stipendi migliori. Vogliamo capire come è organizzato il vostro sistema sanitario. Insieme possiamo fare molto per la nostra popolazione".
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