Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta

Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta


Testo Aggiornato Al 6 Maggio 2003


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Discussione della proposta di legge: Carli ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti (approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (973-B) (ore 15,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, di iniziativa dei deputati Carli ed altri, già approvata dalla Camera e modificata dal Senato: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti.
La ripartizione dei tempi è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (vedi calendario).


(Discussione sulle linee generali - A.C. 973-B)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle modifiche introdotte dal Senato.
La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Fanfani, facoltà di svolgere la relazione.

GIUSEPPE FANFANI, Relatore. Signor Presidente, riferisco brevemente, essendo stato questo progetto di legge già oggetto di un precedente esame da parte di questa

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Assemblea. Tale provvedimento ritorna oggi al nostro esame con alcune modificazioni apportate dal Senato della Repubblica.
La proposta di legge in esame, già approvata dalla Camera in prima lettura e successivamente modificata dal Senato, è volta, quanto ai contenuti, ad istituire una Commissione d'inchiesta bicamerale per indagare sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi ai crimini nazifascisti.
In particolare, l'articolo 1 istituisce, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione, composta di 15 deputati ed altrettanti senatori, che dovrà svolgere un'indagine sulle anomale archiviazioni provvisorie e sull'occultamento di 695 fascicoli ritrovati nell'anno 1994 nella sede della procura generale militare, contenenti denunzie di crimini nazifascisti, commessi nel corso della seconda guerra mondiale e riguardanti circa 15 mila vittime.
Si osserva, al riguardo, che il Senato, ha evidenziato come il carattere provvisorio dell'archiviazione si ricavi dall'apposito timbro impresso sui fascicoli e con questa motivazione ha modificato la formulazione del comma 1, con l'intento di chiarire la natura anomala dell'archiviazione.
In relazione a tale modifica, il Senato ha poi specificato che tra i compiti della istituenda Commissione vi è quello di indagare sul contenuto dei fascicoli, le modalità di archiviazione e le ragioni dell'archiviazione provvisoria degli stessi presso la procura generale militare.
Non sono state, invece, modificate le ulteriori competenze previste dalla Camera in prima lettura e consistenti nell'indagare sulle cause dell'occultamento dei fascicoli, sulle eventuali responsabilità, sulle cause della mancata individuazione e del mancato perseguimento dei responsabili.
Un'ulteriore modifica apportata dal Senato riguarda la composizione della Commissione.
L'articolo 2, nel testo approvato dalla Camera, prevede che la Commissione sia composta da 15 deputati e 15 senatori, nominati dai Presidenti di Camera e Senato in proporzione al numero di componenti dei gruppi parlamentari. Il Senato ha precisato che nella Commissione dovranno essere rappresentati tutti i gruppi parlamentari, anche quelli costituiti in un solo ramo del Parlamento, ampliando così la rappresentanza oggettiva della Commissione.
Il Senato ha, inoltre, modificato il termine per il completamento dei lavori della Commissione specificando che tale termine è fissato in un anno dalla costituzione della Commissione. Entro lo stesso termine la Commissione presenta alle Camere la relazione finale sull'attività svolta.
In relazione a questa modifica si ricorda che il testo approvato dalla Camera faceva decorrere il termine annuale dall'entrata in vigore della legge istitutiva della Commissione. Il Senato ha ritenuto più opportuno posticipare tale termine alla costituzione della Commissione stessa, tenendo conto che altrimenti - dati i tempi necessari all'individuazione dei componenti - la Commissione avrebbe finito per avere a disposizione molto meno di un anno per la conclusione dei propri lavori.
Per quanto riguarda, poi, i poteri e le limitazioni della Commissione, il Senato ha precisato quali sono gli articoli del codice penale applicabili alle testimonianze rese dinanzi alla Commissione, in analogia con quanto disposto da altre leggi istitutive di analoghe Commissioni d'inchiesta.
La Commissione potrà, di conseguenza, acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti in corso presso l'autorità giudiziaria. La stessa autorità dovrà provvedere alla trasmissione delle copie di atti e documenti con tempestività (potendo ritardare la trasmissione con decreto motivato in presenza di esigenze istruttorie). Questo costituisce un limite oggettivo del ritardo con il quale i documenti potranno essere trasmessi alla Commissione.
Non modificata dal Senato è l'ulteriore previsione secondo la quale per i fatti oggetto dell'inchiesta parlamentare alla Commissione non potrà essere opposto il segreto di Stato, il segreto d'ufficio e professionale, in quanto scopo dell'indagine

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è quello di scoprire le ragioni che hanno portato a segretare in maniera anomala determinati fatti. Peraltro, i documenti trasmessi dal Governo sotto il vincolo del segreto potranno essere declassificati solo con l'accordo tra il Governo stesso e la Commissione.
La proposta di legge prevede inoltre che per l'espletamento delle proprie funzioni la Commissione fruisca di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere e che possa soprattutto avvalersi di collaborazioni specializzate.
Per quanto riguarda, infine, il tema del segreto sugli atti della Commissione, l'unica modifica apportata dal Senato concerne la specificazione relativa anche agli atti relativi alle indagini preliminari.
La violazione del segreto comporterà l'applicazione dell'articolo 326 del codice penale: reclusione da sei mesi a tre anni ovvero reclusione fino a un anno in caso di divulgazione colposa.
Il Senato ha quindi eliminato - perché ritenuto superfluo - il comma 4 dell'articolo 5, così come approvato dalla Camera dei deputati, ai sensi del quale soggiacevano alle stesse pene coloro che avessero pubblicato o reso noti atti dell'inchiesta.
La sollecitazione da più parti pervenuta per una celere approvazione del provvedimento in esame e l'importanza oggettiva che esso riveste per recare chiarezza in un aspetto particolare della storia delle vicende giudiziarie legate ai crimini nazifascisti impongono un esame sollecito e corretto ed un'approvazione del testo licenziato dal Senato che, per le modifiche apportate, appare, ad avviso del relatore, suscettibile di approvazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Carli. Ne ha facoltà.

CARLO CARLI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, lo scorso 25 aprile il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha voluto premiare ed onorare al Quirinale gesti singoli di eroismo ed il coraggio e la forza di alcune comunità che durante l'occupazione nazifascista contribuirono a liberare l'Italia ed a restituirle libertà e dignità. Nel suo discorso il Presidente Ciampi ha richiamato i principi che ispirarono quella Resistenza del popolo italiano che non fu solo resistenza armata da parte dei partigiani, ma anche resistenza di popolo che si concretizzò in gesti di disobbedienza ispirata da un comune anelito di libertà e di opposizione al nazifascismo.
La patria, nei giorni più difficili della sua storia recente - ha detto Ciampi -, si ritrovò accomunata in comportamenti, diversi nelle modalità dell'impegno, a seconda delle circostanze esterne e dei caratteri dei singoli, ma convergenti nella condivisione dei valori e nella finalità di ridare alla patria dignità, libertà, unità.
Tra coloro che Ciampi ha voluto onorare c'è anche Genny Marsili, uccisa a Sant'Anna di Stazzema in provincia di Lucca il 12 agosto in località Colletti, dove si trovava assieme al figlioletto Mario, di 6 anni, sfollata da Pietrasanta. Quando i nazifascisti assaltano la località, Genny ed il bambino, assieme ad altre persone, vengono rinchiusi in una stalla. Ella comprende l'imminente uccisione dell'intero gruppo. Prima che il suo carnefice entri nella stalla per finire gli innocenti, Genny Marsili nasconde il figlio dietro la porta e gli ordina di rimanere a sedere nella nicchia che si trova tra il muro e l'ingresso della stalla. Subito dopo entrano i nazisti; Genny per attirare l'attenzione su di sé ed evitare che i soldati ispezionassero i locali, in un gesto di suprema ribellione verso i criminali oppressori d'oltralpe, levatasi uno zoccolo dal piede, lo lancia contro un soldato delle SS, che in quel momento si affaccia alla porta e stronca la vita di quell'eroica mamma con una raffica di mitraglia. Poi la stalla è avvolta dal fuoco che i criminali le hanno appiccato. Sono le

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6,30 del mattino del 12 agosto 1944: Mario non si muoverà dal suo nascondiglio per sei ore, nonostante le fiamme e il fumo. Riporterà gravi ustioni ma il gesto della madre gli ha salvato la vita. Il mattino successivo i soccorritori, che cercavano eventuali superstiti tra i resti ancora fumanti degli immobili della frazione, trovano il piccolo Mario ustionato, terrorizzato ma ancora vivo.
Il Presidente Ciampi ha voluto ricordare con la medaglia d'oro al merito civile l'amore materno di questa giovane donna, che la portò ad un supremo ed ultimo gesto di ribellione. Ritengo importante citare la motivazione che ha portato al conferimento della medaglia d'oro al merito civile: con istintivo ed amoroso slancio, anche se gravemente ferita, per salvare la vita del figlioletto, che aveva nascosto, non esitava a richiamare su di sé l'attenzione di un soldato tedesco, scagliando sul medesimo il proprio zoccolo ed ottenendo in risposta una raffica di mitraglia che ne stroncava la giovane esistenza; un nobile esempio di amore materno spinto sino all'estremo sacrificio; 12 agosto 1944, Sant'Anna di Stazzema, Lucca.
Genny Marsili è una delle 560 vittime della strage di Sant'Anna di Stazzema, che, per efferatezza e per numero delle vittime, è forse la più barbara tra quelle compiute dai nazifascisti nella loro ritirata verso il nord d'Italia. La geografia delle stragi di civili che insanguinarono l'Italia dall'estate del 1944 fino alla Liberazione comprende però tutto il territorio nazionale, dalla Sicilia alle Alpi: non la follia di pochi, ma un preciso disegno militare per rompere i ponti tra la Resistenza e la popolazione civile. Furono proprio i civili a pagare il prezzo più alto: si calcola che furono oltre 15 mila (donne, vecchi, bambini e neonati) i civili che pagarono nel modo più crudele il prezzo del disegno nazifascista. Morti, eccidi e stragi, che sono rimasti in gran parte senza colpevoli perché ad un certo punto della nostra storia, nel dopoguerra, si smise di celebrare i processi. Questo perché si concentrarono a Roma i fascicoli sulle stragi, che non furono mai trasmessi alle procure competenti ad intraprendere le azioni giudiziarie contro i colpevoli, mentre un paese civile e una democrazia avanzata come l'Italia non possono fare a meno di poggiarsi sulla verità.
Dobbiamo riconoscere che ci furono degli avvenimenti che impedirono che fosse fatta verità, impedendo che i colpevoli di quegli atroci fatti scontassero le proprie pene e che fossero riconosciute di fronte alla storia le loro responsabilità. I responsabili sono per lo più morti oppure sono alla fine della loro esistenza e continuano a vivere senza aver pagato le proprie colpe. Ma punire i colpevoli non è compito del Parlamento, bensì è compito della magistratura che con rinnovato impegno sta cercando di portare avanti le inchieste in mezzo a mille difficoltà. Per alcuni processi, come quello per la strage di Sant'Anna di Stazzema, la procura militare di La Spezia ha assicurato tempi brevi per la conclusione delle indagini preliminari che termineranno o con l'archiviazione o, come speriamo, con il rinvio a giudizio per alcuni di coloro che parteciparono alla strage, rendendosi colpevoli.
Oggi, il contesto storico degli eventi è chiaro: gli storici ci hanno detto quali furono in gran parte i reparti di nazisti e collaborazionisti che si macchiarono di questi gravi delitti. Tuttavia, per la magistratura, ad oggi, nessuno è colpevole. E dove non c'è certezza storica si possono insinuare i revisionismi, le leggende, le false verità che, troppe volte, si sono levate a creare una cortina di fumo sulle reali responsabilità.
Siamo, dunque, in attesa della verità giudiziaria che è la sola che può mettere la parola «fine» alla menzogna e alla leggenda, ma questo - come ho detto - non è un nostro compito. Il nostro compito è indagare, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, sulle cause che portarono all'archiviazione provvisoria dei 695 fascicoli ritrovati nel 1994 a Palazzo Cesi - sede della procura generale militare - e contenenti denunce sui crimini nazifascisti. Occorre inoltre indagare sull'occultamento di tali fascicoli e sapere chi ne sia

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stato responsabile, nonché sulle cause della mancata individuazione e del mancato perseguimento dei responsabili di atti illegali.
Conosciamo il contesto internazionale che suggerì di non celebrare i processi. Nel periodo febbraio-giugno del 1945, si ricava che, in questa prima fase, il Governo italiano aveva preventivato di effettuare un'azione di ricerca dei colpevoli - azione che trovava il sostegno degli alleati - nonché l'esistenza di rapporti a livello istituzionale tra Governo italiano e quartier generale.
Nell'estate 1945, sono state acquisite alcune linee di fondo in ordine alla politica da seguire nei confronti dei criminali di guerra da parte degli alleati. Si tratta fondamentalmente di un rapporto che raccoglie tutte le conclusioni relative alle indagini condotte dagli inglesi sugli episodi e crimini di guerra e che elabora le linee politiche generali.
Si decide di celebrare due grandi procedimenti giudiziari. Insomma, nell'agosto del 1945, gli inglesi hanno acquisito prove sufficienti sul fatto che la condotta bellica dei tedeschi nei confronti delle popolazioni italiane configura un atteggiamento ed una volontà terroristica, tale da giustificare una vera e propria Norimberga italiana, vale a dire un grande processo per crimini di guerra che dovrebbe svolgersi subito dopo la chiusura del processo di Norimberga.
C'è poi il processo a Kesserling, tenuto a Venezia da un tribunale militare inglese, che è quello più importante anche per la valenza simbolica che assume. Kesserling è il comandante in capo delle Forze armate tedesche in Italia e non di qualche reparto speciale. Si tratta di un fedele maresciallo proveniente dall'aviazione. Tale processo dura dal febbraio del 1947 al 6 maggio dello stesso anno, quando Kesserling viene condannato a morte. Questo è il processo di svolta.
Una volta chiuso il processo contro il fedele maresciallo tedesco, in Gran Bretagna, inizia una forte pressione a favore di Kesserling. Il maggio 1947 è il mese nel quale viene rilanciata la dottrina Truman. Il 12 marzo di quell'anno, il Presidente Truman davanti al Congresso americano aveva affermato che si apriva una nuova guerra tra il mondo della libertà e il mondo del totalitarismo.
E' chiaro che, in questo contesto politico, la Germania - sia pure divisa - diventa il tassello di un mosaico importante: non bisogna insistere sul tema dei crimini di guerra tedeschi.
L'ultimo processo si celebra il 26 giugno 1947 a Padova contro il generale Max Simon, comandante della XVI divisione Panzer delle SS, responsabile di una catena di stragi tra le più sconvolgenti nella zona della Versilia. Anch'egli viene condannato a morte, ma viene immediatamente graziato. Si tratta dell'ultimo processo per crimini di guerra che si svolge in Italia.
Gli alleati lasciano l'Italia e i documenti in mano agli stessi vengono passati alle autorità italiane, vengono acquisite le notizie, ma il nostro paese non celebra i processi. I documenti finiscono nel cosiddetto «armadio della vergogna», nella sede della procura generale militare, in via degli Acquasparta al civico n. 2, a Palazzo Cesi, in un mobile nascosto in una specie di sottoscala, protetto da un cancello di ferro con le ante rivolte verso il muro, contenente un registro che riportava l'elenco scrupoloso di tutti i fascicoli dei crimini commessi da nazifascisti in Italia durante l'occupazione.
In quelle pagine ci sono le testimonianze e alcune prove che potevano inchiodare i colpevoli. Vi erano i nomi dei testimoni che potevano raccontare fatti ed aiutare la magistratura. Quali fossero la qualità e la quantità contenute nei fascicoli lo si può desumere dalla relazione finale approvata nel marzo del 1999 dalla commissione di inchiesta voluta dalla procura generale militare per chiarire le cause e le conseguenze dell'occultamento.
Nel documento, appunto, si legge: «dal registro, che reca il titolo di Ruolo generale dei procedimenti contro criminali di guerra tedeschi, ritrovato nello stesso ambito assieme alla corrispondente rubrica nominativa, si desumono i dati riguardanti

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i fascicoli inviati alle Procure Militari negli anni 1994-1996. Ma non solamente di questi, in quanto le notizie di reato registrate sono ben 2.274, dall'eccidio delle Fosse Ardeatine, che vi è annotato con il n. 1, ad un fatto di maltrattamenti attribuito a tale Hagemann Joachim che vi è annotato con il n. 2274. Vi figurano le indicazioni sull'autore del reato, la persona offesa, l'organo pubblico o il privato denunciante, ecc., come avveniva con il registro generale di una qualsiasi procura della Repubblica. Tuttavia, come è riportato sullo stesso registro, non tutti questi incartamenti sono stati trattenuti sino al 1994-1996. Innanzitutto, i fascicoli riguardanti reati non militari, in numero di 260 circa, sono stati senza ritardo trasmessi per competenza all'autorità giudiziaria ordinaria. Nello stesso periodo, vale a dire al più tardi nell'immediato dopoguerra, dei fascicoli - ma non più di 20 circa - risultano regolarmente inviati alle competenti procure militari. Alle medesime poi, con provvedimenti del periodo 1965-1968, e quindi successivamente alla provvisoria archiviazione disposta nel 1960, sono stati trasmessi circa 1.250-1.300 fascicoli, i quali tutti, nessuno escluso, non comprendono indicazioni sugli autori del reato, e corrispondono pertanto a procedimenti contro ignoti. Solo i rimanenti fascicoli, ancora nei confronti di ignoti, in numero 280, ma anche riguardanti militari tedeschi identificati, questi ultimi in numero di 415» - per un totale di 695 - «sono quelli dalla cui trasmissione nel 1994-1996 ha preso avvio l'inchiesta di questo Consiglio. Per circa quindici di questi ultimi è annotata la trasmissione alle Procure Militari in più periodi (immediato dopoguerra, anni 1965-1968, anni 1994-1996), come già rilevato dalla Commissione mista: se non si tratta di errore materiale nelle annotazioni, il fatto può attribuirsi all'esistenza in archivio di più copie della medesima denuncia, o a qualche disguido nella custodia del carteggio, ecc. Ma - particolare più significativo - risultano inviati alle Procure Militari negli anni 1994-1996, e quindi soltanto a seguito dello scioglimento dell'archivio, anche alcuni fascicoli riguardanti persone o fatti per i quali in precedenza già si era celebrato il dibattimento dinanzi al giudice militare».
In quelle pagine della procura generale militare si legge ancora: l'illegalità ha avuto inizio negli anni dell'immediato dopoguerra, quando già si sarebbe dovuta adottare per i crimini di guerra la decisione di inviare gli atti alle procure militari, secondo i normali criteri di competenza territoriale. L'illegalità è proseguita negli anni successivi, quando era già terminato l'afflusso di denunce, ed anche dopo il 1954. In questo contesto di pregressa e persistente violazione della legge perdono autonomo rilievo gli stessi provvedimenti di provvisoria archiviazione adottati il 14 gennaio 1960 dal dottor Enrico Santacroce, subentrato al dottor Mirabella nel 1958. Del resto, per quanto si è già detto, si tratta di decisione del tutto inidonea a produrre qualsiasi effetto giudiziario nel procedimento e, dunque, soltanto con conseguenze interne all'organizzazione dell'ufficio.
Importa, invece, rilevare il dato sostanziale della conferma dell'illegalità anche nel lungo periodo di titolarità del dottor Santacroce, che si sarebbe concluso nel 1974. Come si è detto, nonostante l'archiviazione del 1960, negli anni 1965-1968 ben 1.250-1.300 fascicoli sono stati trasmessi alle procure militari. Ma il parziale rientro dall'illegalità non può far passare sotto silenzio il fatto che in quell'occasione, nel più vasto ambito degli incartamenti ancora indebitamente trattenuti presso la procura generale, si è fatta un'opera di selezione, di modo che sono stati trasmessi soltanto fascicoli che non contenevano notizie utili per l'identificazione degli autori del reato e che non erano, dunque, idonei a determinare l'avvio di veri e propri procedimenti penali.
Insomma, si riconosce che vi fu illegalità e furono assunte decisioni del tutto inidonee. Furono trasmessi fascicoli a carico di ignoti, in numero di 280, e ben 415 fascicoli - per un totale di 695 -, in cui i nomi degli indiziati erano ben evidenti e ben evidenti restarono nell'armadio, secondo un preciso disegno. Nel fascicolo 1


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ci sono le prove raccolte sulla strage delle Fosse Ardeatine, unico processo celebrato per cui c'è un colpevole. Proprio durante l'inchiesta Priebke, nel 1994, il procuratore Intelisano rinvenne l'armadio.
Vista la necessità di produrre un documento originale e non un fotocopia di cui egli disponeva, il procuratore Intelisano cercò e trovò l'armadio. Nel fascicolo n. 2 ci sono i dati relativi alla fucilazione di 68 antifascisti all'interno del campo di concentramento di Fossoli. Al fascicolo n. 3 coloro che ordinarono la strage di militari italiani di Cefalonia che non vollero arrendersi ai tedeschi: i morti furono 9.646. Il fascicolo n. 1977 con i nomi degli indiziati per la strage di Sant'Anna di Stazzema del 12 agosto del 1944, in cui a trovare la morte furono in 560. Ancora, nel fascicolo n. 1997 quelli per la strage dei monaci del convento di Farneta nel comune di Lucca, privati del loro abiti religiosi, rastrellati e fucilati. Questo è un esempio di quello che si poteva trovare nei fascicoli che cono stati tolti alla giustizia.
Si è perso molto tempo, onorevoli colleghi, sicuramente troppo tempo. Le autorità giudiziarie militari hanno negato, forse irrimediabilmente, la verità ai morti di Sant'Anna di Stazzema, di Cefalonia, di Fossoli e di tante altre stragi di civili rimaste impunite. Nostro dovere è oggi gettare luce sul perché non si poterono celebrare i processi ed in questo senso abbiamo un'occasione unica per farlo con questa Commissione d'inchiesta: su questa la relazione finale dell'indagine conoscitiva, che la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità alla fine della scorsa legislatura, ha riconosciuto come lo strumento più efficace per chiarire gli avvenimenti. Dunque, vi era la volontà di ricercare la verità ed un'ampia condivisione di fare chiarezza nei diversi gruppi politici, la stessa che si riscontrò nel primo passaggio alla Camera che portò ad una votazione quasi unanime. Il successivo passaggio al Senato ha introdotto alcuni emendamenti che però non hanno cambiato la sostanza della proposta di legge. Ringrazio il relatore Fanfani per la puntualità della sua esposizione ed anche per aver sollecitato l'approvazione da parte di questa Camera in modo da rendere quanto prima un servizio al nostro paese.
Dunque, tutto lascia sperare in una rapida approvazione in questo ramo del Parlamento e in un'approvazione definitiva del testo in esame. La storia ci chiede di fare presto, così da mettere la parola fine su questa vicenda delle archiviazioni illecite che gettano ombra sul nostro paese. Possiamo scrivere una pagina definitiva su questa vicenda e consegnarla ai posteri. Ce lo chiedono le vittime delle stragi nazifasciste, che con la loro morte hanno contribuito ad uno Stato libero e democratico. Ce lo chiedono gli studiosi a cui possiamo consegnare la verità su questa pagina dolorosa della nostra storia repubblicana, certamente non nobile, ma che comunque è necessario scrivere per amore di quella verità negata per molti anni. Amore per la verità e la giustizia: questo mi ha spinto a presentare due anni fa questa proposta di legge che oggi spero possa arrivare al suo approdo con il voto di tutta la Camera dei deputati. Infatti, non c'è una verità di destra e una verità di sinistra: c'è la verità che non possiamo continuare a negare. E' una Repubblica meno forte quella che nega ai suoi cittadini la possibilità di conoscere fino in fondo la propria storia. Se ci sono stati errori, questi devono essere evidenziati, condannati e resi pubblici. In un paese civile come il nostro non c'è niente della storia che ci possa spaventare e ci impedisca di conoscere.
Per questo, ritengo non solo opportuno ma anche necessario che, in primo luogo, si faccia presto ad istituire la Commissione d'inchiesta evitando nuovi tentennamenti, ma anche che si aprano tutti gli archivi - e questo è altrettanto importante - agli storici e a coloro che vogliono conoscere la storia del nostro paese. I documenti che oggi è possibile consultare sono spesso tratti dagli archivi di altri paesi. A tutt'oggi, non si conosce cosa si trovi negli archivi pubblici della Repubblica e non esistono più le condizioni internazionali che ingiustamente

 
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portarono all'occultamento dei fascicoli e che suggerirono di mettere a tacere il desiderio di verità che animava intere comunità che sono cresciute senza la conoscenza esatta degli avvenimenti e che si sono sviluppate senza la consapevolezza del proprio passato. E' ingiusto nei confronti dei morti civili che giacciono senza che i loro colpevoli siano stati messi di fronte alle loro terribili responsabilità.
Onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, a tanti anni di distanza, abbiamo oggi l'occasione per porre rimedio a questi errori. Non vogliamo processi sommari, vogliamo consegnare la nostro paese la realtà dei fatti per come si svolsero e si svilupparono. Questo dobbiamo, innanzitutto a noi stessi come rappresentanti di un paese civile e democratico, che ha saputo riscattarsi da 20 anni di dittatura conquistando la libertà per tutti, anche per quelli che combatterono per la parte sbagliata. Il nostro paese oggi non può avere paura del suo passato, perché ha consapevolezza che la democrazia non è un principio astratto, in quanto trova il suo fondamento anzitutto nella verità e nella giustizia (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, interverrò brevemente perché credo che l'istituzione di questa Commissione parlamentare d'inchiesta sulle responsabilità che determinarono l'archiviazione dei 695 fascicoli ritrovati nel 1994 a palazzo Cesi - sede della procura generale militare - rappresenti un fatto importante il quale, per la rilevanza che ha nel paese, va evidenziato nel nostro dibattito parlamentare.
Certamente i tempi di approvazione di questa proposta di legge avrebbero dovuto essere molto più rapidi, ma nel corso del suo iter parlamentare si sono registrati più tentativi per cercare di dilazionare l'istituzione di questa Commissione parlamentare d'inchiesta. In ogni caso, oggi ci troviamo in quest'aula per discuterla, esattamente qualche giorno dopo il 25 aprile, data in cui, ancora una volta, si è scatenata nel nostro paese un'inaccettabile canea, tesa a mettere sullo stesso piano i responsabili della lotta di liberazione, della lotta partigiana - a cui dobbiamo la libertà e la possibilità che hanno avuto i nostri padri costituenti di dare al paese regole democratiche - con chi si schierò, in maniera vergognosa, a fianco dell'occupante nazifascista, con chi collaborò, in maniera vergognosa, con l'occupante nazifascista e con chi si rese responsabile, assieme all'occupante nazifascista, di episodi di violenza inaudita, in particolare contro quelle popolazioni civili che diedero un contributo così forte, così importante alla liberazione del nostro paese ed al movimento della resistenza.
E' giunto il momento che questa stagione di revisionismo da quattro soldi - portato avanti per ragioni politiche e non per ragioni di verità e di storia - sia finalmente superata con una nuova stagione di verità e di giustizia, partendo anche dalla capacità di questo Parlamento di indagare e di valutare le responsabilità che portarono all'occultamento, all'archiviazione, di fascicoli giudiziari estremamente importanti, non solo e non tanto per stabilire le responsabilità giudiziarie - quello è compito della magistratura -, ma per le stabilire le responsabilità politiche di chi contribuì - in un contesto come quello dell'Italia del dopoguerra, in un contesto internazionale in cui nel nome del manicheismo tutto era concesso agli Stati Uniti e ai suoi alleati - ad occultare la verità ed a far sparire fascicoli che, invece, sarebbero risultati determinanti per l'individuazione di responsabilità giudiziarie e politiche.
Credo che il Parlamento, con l'istituzione di questa Commissione parlamentare d'inchiesta, compia un atto di giustizia, di verità, ma anche un atto politicamente molto rilevante. Infatti, guai a pensare che, da parte di qualcuno, vi possa essere il tentativo di barattare questa Commissione parlamentare d'inchiesta con altre Commissioni che si inseriscono in


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quella canea di revisionismo storico, tesa a creare chissà quale equazione tra chi combatté per la libertà e chi invece, in maniera aberrante, si schierò dalla parte del nazifascismo.
Condurremo al riguardo una battaglia in Parlamento e nel paese - lo dico con chiarezza - perché è giunto il momento, sulla scia delle polemiche del 25 aprile, che, finalmente, chi intenda rivendicare con orgoglio le radici antifasciste di questa Repubblica lo faccia a testa alta, senza arretrare di un millimetro di fronte all'offensiva che la destra e parti significative delle istituzioni repubblicane, nel corso di questi cinquant'anni, hanno lanciato in maniera sotterranea, con la complicità di apparati e dei servizi segreti, nel tentativo di deviare la storia del nostro paese e la riconoscibilità della verità e delle responsabilità.
Credo sia importante che, attraverso la suddetta Commissione, si aprano finalmente gli archivi della Repubblica, si faccia un uso meno strumentale del segreto di Stato e che la democrazia italiana (che ha dato prova di un certo grado di maturità), consolidatasi nel corso di questi cinquant'anni, consenta, con riferimento al Parlamento e, tramite quest'ultimo, all'opinione pubblica, agli storici, ai familiari delle vittime di questi crimini, la determinazione di quel contesto politico, richiamato sempre in maniera astratta, ma mai concretamente misurato con riferimento alle responsabilità che ci furono nell'occultamento e nell'archiviazione di questi fascicoli che costituiscono la punta di un iceberg certamente più complessa su cui è bene riportare l'attenzione del Parlamento.
Noi Verdi, pertanto, sosteniamo con forza e determinazione il provvedimento in esame, inserendolo nel contesto di una necessaria assunzione di responsabilità nei confronti della verità e della giustizia che traggono la loro forza nella battaglia antifascista condotta durante la Resistenza; ci auguriamo, inoltre, che questo segno, questo atto del Parlamento sia l'inizio di un'inversione di tendenza rispetto a questo decennio di revisionismo che ha provocato danni culturali, politici e storici nella vita democratica del nostro paese.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali sulle modifiche introdotte dal Senato.

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