Comune di Arezzo

Comune di Arezzo


Località della strage Alma 


Bibliografia

148. Amministrazione provinciale di Arezzo (a cura di), Ventennale della Resistenza, Amministrazione provinciale - Ufficio pubbliche relazioni, Arezzo 1964, 127 pp.
165. Comitato promotore e organizzatore per le celebrazioni (a cura di), 35° Anniversario degli eccidi di Vallucciole, Alto Casentino e Valle del Bidente. 1944-1979. Stia (AR) 7-8 aprile 1979, Arti grafiche Cianferoni, s.l. [ma Stia] 1979, 28 pp.
203. Dei Franco (a cura di), Guerra e Resistenza in Casentino, Comune di Bibbiena, 1994, 141 pp.

 


Località della strage Ambra

2 giugno 1944

Elenco delle vittime

2 vittime: 2 uomini adultiDEL CUCINA EUGENIO, 21 anni
GAGLIAGHI MARSILIO, 18 anni

Descrizione

Scaduto da pochi giorni - il 25 maggio 1944 - il bando per la presentazione dei renitenti indetto dalla RSI, un gruppo di fascisti appartenenti alla compagnia OP (operativa) della GNR comandata dal tenente Sacchetti si impegna nel rastrellamento della zona di Bucine. Il mattino del 2 giugno una squadra, guidata da Siro Tommasi, arresta tre uomini a Cennina e un altro in località Le Querce.
Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno una quindicina di militi entrano nel paesino di Ambra. I soldati si trattengono a cena in un'osteria del posto dichiarando alla padrona del locale di essere in attesa di istruzioni. Alle 20 l'arrivo della camionetta che trasporta tre rastrellati interrompe la cena: il milite Alfredo Paoletti scende dal veicolo e trasmette ai suoi commilitoni un messaggio dal contenuto dibattuto. Nel dopoguerra, infatti, di fronte alla Corte d'Assise Straordinaria di Arezzo, alcuni testimoni sostengono che il messaggio prescriveva il solo trasferimento della compagnia e dei prigionieri ad Arezzo, mentre i militi imputati affermano che esso conteneva un esplicito ordine di fucilazione.
I soldati si riuniscono in una stanza e decidono di fucilare - il motivo della selezione rimane tuttora oscuro - soltanto due dei tre detenuti, beneficiati di un ultimo pasto e della possibilità di confessarsi. L'intervento delle autorità del paese si risolve in un buco nell'acqua. L'avvocato Zampi, investito del difficile compito del mediatore, trova infatti nel Tommasi, comandante della pattuglia, un muro di gomma. Il milite finisce per rifiutare anche l'ultima proposta dello Zampi di posticipare l'esecuzione ad un suo incontro con il colonnello della GNR aretina e con il capo della provincia.
Fallite le trattative, i due prigionieri sono trasportati nella piazzetta del paese e lì fucilati. I loro cadaveri rimangono esposti fino al giorno successivo, come monito per i renitenti.
Responsabili
Italiani
I responsabili del rastrellamento appartengono alla compagnia aretina OP del tenente Sacchetti, probabilmente coadiuvata da un reparto bergamasco al comando del tenente Rosmini. La Corte di Assise Straordinaria di Arezzo chiude il cerchio sui nomi di Tommasi e Paoletti, colpevoli di avere disposto la fucilazione in completa autonomia, adducendo ad alibi l'obbedienza ad un ordine che tuttavia si guardano bene dal mostrare. In quegli stessi giorni, il loro capo Sacchetti aveva promesso ad un parroco della zona di risparmiare la vita a coloro che avessero risposto spontaneamente al bando di chiamata entro il 3 giugno. Anticipando l'esecuzione al giorno precedente, i due dimostrano una propria volontà di infierire sui dissidenti, confermata da precedenti penali molto pesanti (l'allestimento di esecuzioni "private" contro singoli, selvaggiamente torturati e picchiati, si rivela una prassi). Con sentenza del 1° agosto 1946 la CAS aretina condanna Tommasi e Paoletti alla pena di morte.

Bibliografia

148. Amministrazione provinciale di Arezzo (a cura di), Ventennale della Resistenza, Amministrazione provinciale - Ufficio pubbliche relazioni, Arezzo 1964, 127 pp. 152. Biblioteca comunale di Bucine, 30° della Resistenza. Documentazione raccolta dai giovani studenti delle Scuole del Comune. Giugno 1974, s.e., Bucine 1974, 73 pp. n.n.


 

 Località della strage Arezzo   

Bibliografia

35. Amministrazione comunale di Carrara, 30° della Resistenza e della Liberazione. La donna e la Resistenza, Stamperia editoria apuana, Carrara 1974, 106 pp.
46. Comitato femminile antifascista per il 30° della Resistenza e della Liberazione in Toscana, Donne e Resistenza in Toscana, Tip. Giuntina, Firenze 1978, vi+323 pp.
57. Istituto ricerche e divulgazioni storiche (a cura di), Resistenza. "Pagine di Gloria", De Nicola-Lombardozzi Editori, Roma 1976, 312 pp.
140. Chianini Vincenzo, Gli Unni in Toscana, Vallecchi, Firenze 1946, 276 pp.
145. Merlini Alfredo, Un atleta nella lotta per la libertà. Santino Tani, Tip. Valdarnese, San Giovanni Valdarno 1954, 17 pp.
157. Caprara Guida Raimondo, La repubblica di S. Domenico. Ricordi di guerra, Tipografia Palmini & C., Arezzo 1975, 115 pp.
168. Succhielli Edoardo (a cura di), La Resistenza nei versanti tra l'Arno e la Chiana. Memorie di lotta partigiana di partecipazione popolare di stragi nazifasciste, Tipografia Sociale, Arezzo 1979, 324 pp.
172. Gambassini Luciano, Medico fra la gente, Nuovedizioni Vallecchi, Firenze 1981, xii+320 pp.
182. Merlini Alfredo, ... Ma se milioni di faville arderanno insieme... Liriche sulla Resistenza toscana, Stamperia editoriale e commerciale Parenti, Firenze 1985, 100 pp.
195. Righi Fulvio, Libertà. Gioia, una storia di vita partigiana, Calosci, Cortona 1992, 214 pp.
196. Turchetti Ferdinando, Quando brucia la città, itea, Anghiari 1993, 141 pp.
205. Galli Domenico, Catenaia! Una banda partigiana, itea, Anghiari 1994, 128 pp.
316. Merlini Alfredo, Bianchi Gerardo, Francesco Berti e Renato Cappugi, abc Tipografia, Firenze 1985, 16 pp.






Località della strage Chiassa-Tregozzano

23 giugno 1944

Elenco delle vittime

7 vittime: 6 uomini (un sedicenne, 4 adulti e un anziano) e una donna adulta

DRAGONI ILDO, 35 anni
LAURENTINI FEDORA, 18 anni
PAGLICCI ARMANDO, 30 anni
SCORTECCI MATTEO, 69 anni
SCORTECCI RENATO, 37 anni
SEVERI GIUSEPPE, 16 anni
SEVERI SANTI, 59 anni

Descrizione

Il 21 giugno una pattuglia di 8 partigiani della XXIII B.ta Garibaldi sorprende due tedeschi presso la fattoria contadina della Torre, in località La Casina. Quattro partigiani, arrestatili, li portano al comando, mentre gli altri quattro attendono i tre loro commilitoni con la speranza di ingrossare il numero dei prigionieri. I tre tedeschi, tuttavia, appena arrivati aprono il fuoco, rimanendo poi uccisi nello scontro successivo.
La mattina del 23 i tedeschi tornano sul luogo dello scontro recuperando i corpi, bruciando la fattoria e rastrellando la zona. In previsione della rappresaglia, gli uomini erano fuggiti: gli unici rimasti - cinque attardatisi nella chiesina dei Valloni - sono catturati, trasportati in località La Casina e fucilati. Non soddisfatti, i soldati imperversano per le campagne circostanti, incendiando le case di Macchione e Rittovalle, uccidendo il padre di una delle vittime prescelte per la rappresaglia, giunto a perorare la causa del figlio, e sparando a vista a una diciottenne intenta ad accudire ai buoi: ferita gravemente, la giovane sarebbe morta il giorno successivo.
 

Bibliografia

212. Comitato regionale per le celebrazioni del 50° anniversario della Resistenza et al., L'ottava armata per il 50° anniversario della Liberazione. Il Black Watch 50 anni dopo, s.e., s.l. 1995, 16 pp.




Località della strage Palazzo del Perodata
24 giugno 1944 

Elenco delle vittime

10 vittime: 10 uomini adulti. ALISI ALFREDO, 45 o 47 anni

BACCI GIULIO, 31 anni
BIANCHINI ALBERTO, 18 anni
BIANCHINI DOMENICO, 39 anni
BIANCHINI NELLO, 16 anni
FAVILLI GINO, 31 anni
GIOVANNINI OLINTO, 32 anni
GORI ELIA, 28 o 29 anni
ROSADI MATTEO, 20 anni
TACCHINI GUIDO, 16 anni

Descrizione

Il 23 giugno 1944 uno scontro a fuoco nelle vicinanze della fattoria Bianchini costa la vita ad uno o due soldati tedeschi (le fonti relative all'episodio discordano su questo punto). Nel pomeriggio dello stesso giorno un autocarro tedesco prima preleva il cadavere del commilitone morto, poi si dirige verso la fattoria del Bianchini arrestando, oltre allo stesso fattore, il figlio e il nipote, e trasportandoli poi al quartier generale di Villa Nocentini, ad Arezzo. Trattenuti per interrogatori una sola notte, sono rilasciati il mattino successivo.
Il 24 giugno alcuni soldati tedeschi, probabilmente appartenenti alla polizia militare, danno fuoco a tre poderi e rastrellano ostaggi nelle campagne, trasportandoli prima presso la stazione dei carabinieri, poi, in numero di nove, verso la chiesa e verso la località il Muraglione, teatro dell'esecuzione. Allineati sul lato destro della strada, gli uomini si uniscono piangendo in un abbraccio disperato e vengono falciati da due raffiche di mitragliatrice, poi sono finiti, in due o tre casi, con colpi di pistola. La decima vittima, Giulio Bacci, è sorpresa sulla strada fra Maiano e Le Lastre e ritrovata cadavere dalla madre dinanzi alla porta di casa. Responsabili
Tedeschi
L'attribuzione di responsabilità risulta particolarmente difficile. Risulta implicato, come titolare della Platzkommandantur di Arezzo, il maggiore Van Werden, comandante del 99esimo Reggimento di Fanteria, coadiuvato dai tenenti Dreyhaupt e Zunndorf, risparmiati poi dalla giustizia britannica per insufficienza di prove. Rimane poco chiaro il ruolo assunto dalla Feldgendarmerie, dislocata nella zona dal comando della 14ma Armata, nella strage: neppure la documentazione tedesca, che pure indica l'unità come responsabile, sa sciogliere il nodo dell'autonomia del reparto nel condurre l'operazione. Italiani
A liberazione avvenuta la Corte di Assise straordinaria di Arezzo mette sotto inchiesta un impiegato dello stato civile, colpevole, in base ad alcune denunce, di avere fornito ai tedeschi la lista degli uomini da fucilare. Le indagini, tuttavia, finiscono per attribuirgli una responsabilità del tutto marginale nella dinamica della strage e a descriverne il ruolo nei termini di un testimone forzato, scelto per accompagnare le vittime sul luogo dell'esecuzione e annunciare loro le ragioni della rappresaglia. Per questo viene assolto dal Pubblico Ministero il 25 settembre 1946.
 

Bibliografia

148. Amministrazione provinciale di Arezzo (a cura di), Ventennale della Resistenza, Amministrazione provinciale - Ufficio pubbliche relazioni, Arezzo 1964, 127 pp.
196. Turchetti Ferdinando, Quando brucia la città, itea, Anghiari 1993, 141 pp. 





Località della strage Rigutinodata 3 luglio 1944 

Elenco delle vittime

3 vittime: 3 uomini

Greci Adriano, 85 anni
Gudini Luigi, 74 anni
Livi Aldo, 25 anni

Descrizione

Si tratta di uccisioni disperse sul territorio, strettamente intrecciate ad uno scontro fra i tedeschi e una formazione locale avvenuta nello stesso giorno in località Rigutino. In quell'episodio perdono la vita anche due partigiani: Antonio Quintodono e Gino Biancon.
 

Bibliografia

212. Comitato regionale per le celebrazioni del 50° anniversario della Resistenza et al., L'ottava armata per il 50° anniversario della Liberazione. Il Black Watch 50 anni dopo, s.e., s.l. 1995, 16 pp.
224. Fanciullini Almo, Diario di un ragazzo aretino, 1943-1944, Regione Toscana-Consiglio regionale, Firenze 1996, xvii+208 pp.




Località della strage Pietramala e San Paolo

Bibliografia

212. Comitato regionale per le celebrazioni del 50° anniversario della Resistenza et al., L'ottava armata per il 50° anniversario della Liberazione. Il Black Watch 50 anni dopo, s.e., s.l. 1995, 16 pp.
224. Fanciullini Almo, Diario di un ragazzo aretino, 1943-1944, Regione Toscana-Consiglio regionale, Firenze 1996, xvii+208 pp.



Località della strage San Polo

14 luglio 1944


Elenco delle vittime

78 vittime: 70 uomini (un bambino, 57 adulti, 9 anziani e 3 senza indicazioni anagrafiche) e 8 donne (una bambina, 4 adulte e 3 anziane). Alcuni nomi, non verificati dall'incrocio delle fonti, compaiono con il punto interrogativo fra parentesi.

Pietramala
BARBAGLI MARIA (o Marianna), 77 anni
BUZZINI GINO, 34 anni
BUZZINI RITA, 2 anni
BUZZINI SILVIO, 9 anni
CINI ELIO (?)
LANCIA AGOSTINA, 30 anni
MAZZI PIA, 58 anni
ROSADI ESTER, 57 anni
TESTI ANGIOLA, 38 anni
TESTI GIUSEPPE, 36 anni San Polo
ALBIANI FEDERICO, 56 anni
BADII PIETRO, 75 anni
BADII SEVERINO, 27 anni
BENVENUTI LUIGI, 38 anni
BIANCHINI VITTORIO, 60 anni
BINDI GETULIO, 46 anni
BINDI OSCAR, 41 anni
BINDI SILVANO, 21 anni
BIONDINI ADELMO, 42 anni
BRUNI ANTONIO, 19 anni
BRUNO CARLO, 21 anni
BRUSCHI GIUSEPPE, 40 anni
BUZZINI UGO, 18 anni
CALO' EUGENIO, 38 anni
CARDETI ANTONIO, 23 anni
CASTELLANI OTTORINO, 21 anni
CATALANI DONATO, 31 anni
CEROFOLINI LAURA, 21 anni
CHIODINI CONFORTA, 37 anni
CHIODINI MATTEO, 60 anni
CHIODINI SEVERINO, 35 anni
DAMIANTE UMBERTO (?)
DETTI GIOSUE', 38 anni
FRANCESCHI ALFIO, 18 anni
FRESCUCCI MICHELE, 64 o 65 anni
GASTALDELLI LUIGI, 21 anni
GENALTI QUINTO, 19 anni
GIANNINI LUIGI, 18 anni
GIANNINI RODOLFO, 44 anni
LISI VASCO, 33 anni
MANGANO FILIPPO, 30 anni
MATTESINI GIUSEPPE, 22 anni
MATTIOLI GINO, 21 anni
MENZETTI (o Renzetti?) Oreste, 59 anni
MONTAI GIUSEPPE, 44 anni
PACINI PAOLO, 37 anni
PANNOLI ATTILIO, 22 anni
PEA ALBERTO, 19 anni
PICINOTTI ALFONSO, 57 anni
PICINOTTI LORENZO, 21 anni
PRADERIO GIANCARLO, 19 anni
RECINE LUIGI, 17 anni
RICAPITO ANGELO, 20 anni
RIGHI SILVANO, 21 anni
ROMANI REMIGIO, 38 anni
SBRILLI MARIO, 22 anni
SIINO ANTONIO, 22 anni
TANELLI IVANO, 20 anni
TAVANTI DONATO, 43 anni
TOMEI FRANCESCO (?)
VITELLOZZI ANGELO, 76 anni
VITELLOZZI PIETRO, 41 anni San Severo
BALDINI DELFINO, 22 anni
BICHI DINO, 17 anni
BISTONI NEO, 36 anni
BULANGERI BALILLA, 54 anni
DOMINI SANTI, 35 anni
FABBRINI GIOVANNI, 67 anni
FRAGAI ERNESTO, 31 anni
GHEZZI RADAMES, 21 anni
LANZI SILVESTRO, 48 anni
LIVI ATTILIO, 20 anni
PAPAVERI GINO, 28 anni
SACCHINI ALFREDO, 42 anni
SCATRAGLI ANTONIO, 35 anni
SEVERI ANGIOLO, 43 anni
SEVERI GIUSEPPE, 42 anni
SEVERI SEVERO, 33 anni



Descrizione

I primi di luglio, il Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale di Arezzo, di concerto con le formazioni in collina, decide per l'occupazione della città da parte di un nucleo di partigiani, in attesa dell'imminente attacco alleato. Reparti partigiani cominciano a scendere da Catenaia alle propaggini di Poti, occupando posizioni sempre più avanzate e attirando inevitabilmente l'attenzione dei tedeschi. Sembra addirittura che il 12 luglio lo stesso Kesserling convochi una riunione con i comandi della zona ad Antria, sede della 304ma divisione di fanteria, per allestire una massiccia operazione antipartigiana.
Il 14 i partigiani, direttisi verso la pianura per portare a termine la liberazione della città precedentemente concordata con gli inglesi, rimangono scoperti a causa del ritardo degli alleati. Considerate le proprie condizioni di drammatica inferiorità, determinate dal logoramento degli uomini e dalla povertà delle munizioni, le formazioni decidono di sganciare, sfuggendo per tempo al rastrellamento messo in atto da due grosse colonne tedesche in ritirata. Nascoste le armi e abbandonati i 17 prigionieri tedeschi in una grotta, i partigiani si mimetizzano fra i civili nelle case di Pietramala e Molin dei Falchi.
All'alba del 14 luglio i tedeschi muovono verso Pietramala e Molin dei Falchi con l'obiettivo di recuperare i commilitoni fatti prigionieri e di compiere un'operazione di controguerriglia. Costrette alla fuga le poche sentinelle disarmate e liberati i prigionieri, i tedeschi si danno alla ricerca dei partigiani, guidati da uno degli ufficiali detenuti, tale Hans Plumer, medico della prima compagnia di sanità del 171° reggimento di fanteria, particolarmente agguerrito nel sostenere un rastrellamento e una punizione totale delle persone incontrate nella zona, senza distinzione di età e di sesso: è proprio lui, nella testimonianza resa dal parroco Don Lazzeri agli inquirenti inglesi, ad indicare nei civili fatti prigionieri nei dintorni i partigiani responsabili della sua detenzione e a pretenderne la condanna a morte. I tedeschi appiccano il fuoco alle abitazioni incontrate nella loro marcia, uccidono e rastrellano. Liberandosi per la strada degli ostaggi in difficoltà (una donna incinta, sua madre, alcuni bambini e anziani), conducono poi il gruppo dei prigionieri - misto di partigiani e civili e sempre più infoltito dagli arresti compiuti nei diversi centri di Pietramala, Vezzano, Castellaccio, Molin dei Falchi - a Villa Mancini (altrimenti detta Villa Tigliosi).
Fra i 30 detenuti rinchiusi nel garage di Villa Tigliosi sono compresi alcuni notissimi capi partigiani: Eugenio Calò, Mario Sbrilli, il maresciallo di Marina Lisi, che avendo comandato la guardia ai prigionieri viene riconosciuto, interrogato senza esito e selvaggiamente percosso, Ricapito e Mattioli. Dieci uomini sono selezionati e picchiati da due ex prigionieri con un frustino e un tubo di gomma. Le percosse sono estese a tutti i 48 uomini che, ormai moribondi, sono portati nel cortile, seppelliti in tre fosse, a strati, e fatti esplodere con la gelatina.
Il disprezzo nei confronti delle vittime è dimostrato dalle modalità dell'esecuzione e dal successivo divieto di sepoltura. Quello stesso pomeriggio i tedeschi in ritirata abbandonano San Polo: soltanto il 17 luglio, dopo l'ingresso in paese degli inglesi, l'arcivescovo Don Angelo Lazzeri può riesumare e seppellire i corpi nel cimitero.
Alla strage può essere accorpato l'episodio di San Severo, effettivamente compiuto nello stesso giorno dalle stesse truppe in ritirata, appartenenti alla 305 divisione di fanteria. Il paese, dopo la rappresaglia di Staggiano era stato abbandonato dalla maggioranza degli uomini, timorosi delle ripercussioni della ritirata. Il mattino del 14, una quindicina di tedeschi provenienti da Peneto entrano in paese, radunano gli uomini presenti e, attraversato un boschetto di rovi, li portano presso un poggio, distante circa 500 m dall'abitato. Esaminati i documenti degli uomini, decidono di rilasciarne tre: accostati i restanti 16 ad un masso, li fucilano. Responsabili
Tedeschi
Partecipano all'operazione il 274° reggimento corazzato della 94a Divisione di fanteria, comandato dal ten. Ewert e assegnato temporaneamente alla 305a divisione di fanteria, e un reparto della 304ma divisione di fanteria, guidato dal generale Hauck.
Gli ufficiali ricercati dalla giustizia britannica erano il generale Hauck, il tenente Wolf Ewert e l'ufficiale medico Hans Plümer. Ma la mancata Norimberga italiana finì per seppellire l'intero procedimento. Il caso fu riaperto nel 1972 dalla procura tedesca di Gießen, ma archiviato appena un anno dopo con un nulla di fatto.
In Italia, il procedimento fu archiviato dal procuratore militare Santacroce nel 1960 e il suo fascicolo finì rinchiuso nell'ormai noto "armadio della vergogna". Trasferita presso la Procura militare di La Spezia nell'aprile 1995, l'indagine è stata prima chiusa con decreto del 22 dicembre 2000, a causa della morte del principale indiziato, il tenente Ewert, avvenuta nel marzo 1994, poi recentemente riaperta dall'attuale procuratore Marco De Paolis.
 

Bibliografia

39. Associazione nazionale vittime civili di guerra (a cura di), Italia Martire. Sacrificio di un popolo 1940-1945, Bortolazzi-Stei, San Giovanni Lupatoto (VE) 1980, 727 pp.
47. Comitato per le celebrazioni del Ventesimo anniversario della Liberazione, La Resistenza e il contributo delle forze armate alla guerra di Liberazione, Milano stampa, Farigliano (CN) s.d. [ma 1965], 80 pp. n.n.
51. Gabrielli Rosi Carlo, Mariani Sergio (a cura di), Cuore 1944. 100 episodi della resistenza europea, Edizioni Il Centro di Educazione Democratica, Lucca 1975, 422 pp.
68. Tramontin Silvio (a cura di), La Resistenza dei cattolici sulla Linea Gotica. Atti del convegno (Sestino, 24-25 novembre 1979), Edizioni Cooperativa Culturale "Giorgio La Pira", Sansepolcro 1983, 292 pp.
140. Chianini Vincenzo, Gli Unni in Toscana, Vallecchi, Firenze 1946, 276 pp.
148. Amministrazione provinciale di Arezzo (a cura di), Ventennale della Resistenza, Amministrazione provinciale - Ufficio pubbliche relazioni, Arezzo 1964, 127 pp.
164. Vandelli Fosco, Al servizio di Dio e degli uomini, Tipografia Cattolica Fiorentina, Firenze 1978, 312 pp.
167. Martinelli Renzo, I giorni della Chiassa, Poligrafico Aretino, Firenze 1979, 319 pp.
176. Circoscrizione di Ceciliano, Biblioteca della Città di Arezzo, Resistenza ieri... Resistenza oggi, Poligrafico aretino, Arezzo 1983, 4 pp.
177. Trevelyan Raleigh, Roma 1944, Rizzoli, Milano 1983, 446 pp.
180. Droandi Enzo, La battaglia per Arezzo. 4-20 luglio 1944, Luciano Landi Editore, Arezzo 1984, 87 pp.
190. Tognarini Ivan (a cura di), La guerra di liberazione in provincia di Arezzo, 1943/1944. Immagini e documenti, Amministrazione provinciale, Arezzo 1988, 191 pp.
195. Righi Fulvio, Libertà. Gioia, una storia di vita partigiana, Calosci, Cortona 1992, 214 pp.
196. Turchetti Ferdinando, Quando brucia la città, itea, Anghiari 1993, 141 pp.
205. Galli Domenico, Catenaia! Una banda partigiana, itea, Anghiari 1994, 128 pp.
212. Comitato regionale per le celebrazioni del 50° anniversario della Resistenza et al., L'ottava armata per il 50° anniversario della Liberazione. Il Black Watch 50 anni dopo, s.e., s.l. 1995, 16 pp.
224. Fanciullini Almo, Diario di un ragazzo aretino, 1943-1944, Regione Toscana-Consiglio regionale, Firenze 1996, xvii+208 pp.
315. Fallai Paolo, La battaglia di Firenze, schede e ricerche storiche di Paolo Paoletti, Associazione intercomunale n. 10 Area fiorentina, Firenze 1985, 98 pp.
316. Merlini Alfredo, Bianchi Gerardo, Francesco Berti e Renato Cappugi, abc Tipografia, Firenze 1985, 16 pp.
582. Ciuffoletti Zeffiro, Conti Fulvio (a cura di), Ponte Buggianese. Un secolo di storia (1883-1983), Centro Editoriale Toscano, Firenze 1995, 229 pp.


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