Sull'orario degli insegnanti il governo è pronto a tornare sui suoi passi. Bene.
L'aumento delle ore di lavoro settimanali – a da 18 a 24 – dei professori della scuola secondaria di primo e secondo grado sarebbe stata una misura penalizzante per i docenti di ruolo, dannosa per i tanti precari, pericolosamente estemporanea per il mondo scolastico nel suo complesso.
La scuola italiana è in sofferenza per tanti motivi diversi, ma a mio avviso l'origine dei problemi è ben precisa: la mancanza di un progetto concreto sul suo presente e sul suo futuro.
Da troppo tempo, e con poche eccezioni, va così: arriva un nuovo ministro, introduce qualcosa di nuovo e ben presto si finisce per parlare solo di quel punto specifico, senza fare un ragionamento di sistema; finché non arriva un nuovo ministro, che propone qualcos'altro di nuovo e... si ricomincia da capo.
Invece ci sarebbe bisogno di far funzionare bene ciò che c'è già, concentrandosi e concentrando le risorse su poche e chiare priorità. Due su tutte.
Primo, un nuovo contratto di lavoro per gli insegnanti, che possa prevedere anche un eventuale aumento dell'orario di lavoro (non necessariamente di lezione frontale, bensì per le tante attività che si possono fare nella scuola) ma allo stesso tempo metta sul piatto risorse per premiare le professionalità. Tutto questo va fatto in un logica di organico funzionale per garantire ad ogni istituto un gruppo di insegnanti stabili per più anni e quindi la certezza di avere tutte le cattedre assegnate prima dell'inizio delle lezioni.
Secondo, il rifinanziamento della legge 23 del 1996 sull'edilizia scolastica, che consentirebbe di avere un costante afflusso di risorse e una governance efficace con tutte le Istituzioni, nazionali e locali, coinvolte. Non sono idee particolarmente "originali", non è una proposta di riforma. Sono solo due passi per ricominciare a camminare.
Scuola: due passi per ricominciare. A camminare
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