Il glossario della programmazione

Il glossario della programmazione






Acronimi e sigle prolificano quando si parla di programmazione.
Scopo di questo glossario è favorire la comprensione dei principali atti della programmazione regionale per meglio coglierne il senso e la logica di intervento.

Per la programmazione comunitaria si rimanda al glossario della Commissione europea per le politiche regionali


Programmazione regionale

PRS - Programma regionale di sviluppo (Art. 6 L.R. 49/99): è l’atto fondamentale della programmazione regionale in quanto stabilisce quali siano gli interventi ritenuti prioritari nell’arco di una legislatura. Il PRS, approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta, presenta la peculiarità di “rinnovarsi” ogni anno con il Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF), che ne definisce le risorse finanziarie annualmente disponibili per la sua attuazione. E’ un atto complesso che si struttura in più parti. La prima è una “fotografia” socio-economica con le sue prospettive future. La seconda parte è costituita dalla descrizione degli obiettivi generali/strategici, che caratterizzeranno tutto il futuro agire della Regione.
Il PRS 2006-2010 si articola in quattro Programmi strategici integrati che descrivono le strategie politiche di legislatura: 1) Competitività, sistema integrato regionale e territorio; 2) Cittadinanza, lavoro, coesione, cultura e qualità della vita; 3) Sostenibilità ambientale dello sviluppo; 4) Governance, conoscenza, partecipazione e sicurezza. I Programmi strategici integrati si articolano in 25 Progetti integrati regionali (PIR).
Il PRS vigente evidenzia le risorse finanziarie disponibili per l’attuazione delle politiche, con l’importante specificazione di quante siano e da dove provengono, con particolare riferimento all’utilizzo dei fondi strutturali per il nuovo periodo di programmazione 2007/2013 e dei fondi per le aree sottoutilizzate (FAS) di competenza del CIPE.

PIT - Piano d’indirizzo territoriale (Art. 49 L.R. 1/2005): è l’atto fondamentale, di livello regionale per il governo del territorio, presenta la peculiarità di non avere alcuna scadenza. Il PIT individua e definisce: i sistemi che specificano il territorio; gli elementi strutturali che di esso costituiscono le invarianti; i principi e le regole per l’utilizzo delle risorse essenziali; le aree dichiarate d’interesse pubblico e le misure di salvaguardia e di tutela. Il PIT si presenta pertanto articolato in una parte “statutaria” ed in una parte “strategica”..
La parte statutaria costituisce l’insieme delle scelte “normative” che garantiscono; il rispetto dei luoghi e dei beni collettivi che li compongono; di continuare a fornire alle singole comunità locali e regionali quelle dotazioni, quelle funzioni e quelle opportunità da cui dipende il valore di un luogo. Inoltre, il PIT stabilisce la strategia dello sviluppo e del governo del territorio, indicandone gli obiettivi, definendo il ruolo dei vari livelli istituzionali con particolare riferimento alle Province e ai Comuni. Infatti i Piani territoriali di coordinamento provinciali e i piani strutturali comunali debbono essere redatti in coerenza con il PIT.

DPEF - Documento di programmazione economica e finanziaria (Art. 9 L.R. 49/99): è l’atto di indirizzo programmatico, economico e finanziario dell’attività di governo a carattere annuale ma con proiezione triennale. Si tratta dello strumento di attuazione/aggiornamento annuale del PRS, individuandone gli andamenti tendenziali degli scenari socio-economici e specificandone gli obiettivi in azioni. Il DPEF contiene inoltre il quadro e la manovra finanziaria per l’anno di riferimento e gli indirizzi per la redazione del bilancio regionale. E’ adottato dalla Giunta regionale e trasmesso al Consiglio entro il 31 maggio di ogni anno insieme al Rapporto generale di monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi.


Piani e programmi regionali (Art. 10 e 10 bis L.R. 49/99): attuano le strategie d’intervento individuate dal PRS (fanno riferimento ad una specifica legge di spesa) ed i documenti a carattere pluriennale, di norma corrispondente alla durata del PRS, sono approvati dal Consiglio regionale. Possono avere carattere settoriale (es. pesca, cultura) o intersettoriale (istruzione-formazione-lavoro, sviluppo economico, ambiente). Si distinguono in due categorie: a) top down: collegati ad obiettivi di livello regionale; b) bottom-up: collegati con le priorità delle comunità locali.
Ogni anno la Giunta regionale provvede all’attuazione dei piani e programmi e deve presentare annualmente al Consiglio regionale il loro stato di realizzazione e i loro risultati dell’attuazione.

SEL - Sistema economico locale: è un’area di interdipendenza sociale ed economica incentrata su un sistema produttivo. Esso costituisce l’ambito territoriale minimo, elementare, in base al quale orientare gli strumenti programmatici e valutare gli effetti dei progetti e degli interventi pubblici. In Toscana i SEL sono 33.

PASL - Patto per lo sviluppo locale (Art. 12 bis L.R. 49/99): è un atto di natura negoziale (ad adesione volontaria) ed è concertato tra la Regione, gli enti locali, le parti sociali, le associazioni ambientaliste e altri soggetti pubblici e privati, per coordinare ed integrare i propri programmi e progetti, perseguendo così l’obiettivo dello sviluppo complessivo di un determinato sistema territoriale. Generalmente il Pasl ha come riferimento la Provincia, anche se ci sono casi particolari (es. Pasl del Circondario Empolese Valdelsa). Il Pasl è un atto complesso che prevede tre fasi: 1) protocollo d’intesa tra Regione e, di norma (casi particolari: Pasl di Firenze sottoscritto oltre che dall’Amministrazione provinciale anche dal Comune di Firenze e il Pasl del Circondario Empolese Valdelsa) , l’Amministrazione provinciale di riferimento, 2) la costruzione del Pasl vero e proprio che individua obiettivi specifici, progetti, sistema di monitoraggio, attività di concertazione svolta a livello locale e l’elenco dei soggetti sottoscrittori del Patto (procedure d’approvazione dei Pasl di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 223/2006); 3) l’attuazione.
La Giunta deve riferire, annualmente, del loro andamento al Consiglio regionale.

Area vasta/Area metropolitana: è un’area che si caratterizza per un’interdipendenza economica, sociale e territoriale. Essa nasce per la necessità di definire priorità ed obiettivi che superano il livello provinciale, soprattutto in riferimento alla specificazione e alla localizzazione di servizi particolari
Le Aree vaste non sono nuovi organismi, bensì vanno considerate come uno strumento per la programmazione sia a livello regionale che locale. Previste in modo strutturale dal PRS 2003-2005, sono 3: Nord-Ovest, Centro, Sud-Est. Sono state “sperimentate” nel settore della Sanità (Società della salute - Estav). Sono state riprese nel nuovo PRS 2006-2010 nell’ottica di una loro utilizzazione anche in altri ambiti.

Bilanci regionali (Art. 18 L.R. 49/99. i bilanci regionali hanno la propria disciplina specifica mediante la L.R. 36/2001 “Ordinamento contabile della Regione Toscana” e i relativi regolamenti d’attuazione): i bilanci della Regione, sia di carattere annuale che pluriennale, dispongono delle risorse finanziarie in conformità alle politiche previste dal PRS e DPEF e degli altri atti della programmazione regionale.

FAS - Fondo per le aree sottoutilizzate: è l’unione di due fondi intercomunicanti affidati ai ministeri dell’Economia e delle Finanze e delle attività Produttive. Fondo che è gestito dal CIPE sulla base degli APQ e destinato per l’85% al Sud e per il 15 % al Centro-Nord.

Programmazione negoziata: tende a regolare gli interventi di una molteplicità di soggetti pubblici e privati, in funzione della gestione unitaria delle risorse (legge 662/1996 art.2, co. 203). Essa persegue finalità concernenti la crescita delle aree interessate, basata su politiche di sviluppo della competitività e dell’occupazione coerenti con le prospettive di sviluppo ecosostenibile, da attuarsi anche attraverso una semplificazione delle modalità operative e una riqualificazione della spesa pubblica e privata.
Basandosi sul metodo della concertazione le pubbliche amministrazioni coinvolgono i soggetti interessati nella realizzazione di determinati obiettivi, progetti e interventi previsti dagli strumenti della programmazione stessa.
Sono strumenti della programmazione negoziata: le intese istituzionali di programma, gli accordi di programma quadro (APQ), i contratti di programma, i contratti d’area.
A livello regionale oltre agli strumenti summenzionati abbiamo: gli accordi di programma e i Pasl.

II e APQ - Intese istituzionali e Accordi di Programma Quadro (Art. 2, comma 203, lett. b) e c), L. 662/1996 e delibera Cipe 29/1997 "Disciplina della programmazione negoziata"): l'Intesa Istituzionale rappresenta lo strumento ordinario e fondamentale del rapporto tra Governo Nazionale e Giunta di ciascuna Regione o Provincia Autonoma, finalizzato alla definizione di un piano pluriennale di interventi nel territorio di una Regione o di una Provincia Autonoma. L’APQ è preceduto da un’intesa istituzionale tra Stato e Regione e ne costituisce lo strumento attuativo. Tale accordo è stipulato fra Stato (in genere dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), Regione ed Enti Pubblici e riguarda specifici settori di attività (es. beni culturali, sanità, sviluppo locale etc). Nello specifico esso indica le attività da realizzare e i tempi, individua i soggetti responsabili, le risorse finanziarie occorrenti, nonché le procedure ed i soggetti responsabili per il monitoraggio. E’ uno strumento utilizzato anche per i fondi comunitari.

Patti Territoriali (Art. 2, comma 203, lett. d), L. 662/1996 e delibera Cipe 29/1997 "Disciplina della programmazione negoziata"): sono l’accordo, promosso da enti locali, parti sociali o da altri soggetti pubblici o privati relativo all’attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale. E' espressione del partenariato sociale: è l'accordo per l'attuazione di un programma di interventi nei settori dell'industria, agroindustria, servizi, turismo ed in quello dell'apparato infrastrutturale, tra loro integrati. Per questo tipo di strumento sono terminati i finanziamenti nazionali.

Contratti di programma (Art. 2, comma 203, lett. e), L. 662/1996 e delibera Cipe 29/1997 "Disciplina della programmazione negoziata"): è il contratto stipulato tra l'amministrazione statale competente, grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanze di distretti industriali per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata. Hanno come fine quello di incentivare l’avvio di rilevanti iniziative produttive proposte da: imprese di grandi dimensioni o gruppi nazionali o internazionali di rilevante dimensione industriale; consorzi di piccole e medie imprese, anche operanti in più settori; rappresentanze di distretti industriali. Lo strumento è in esaurimento, in quanto praticamente sostituito dai contratti di sviluppo.

Contratti d’area (Art. 2, comma 203, lett. f), L. 662/1996 e delibera Cipe 29/1997 "Disciplina della programmazione negoziata"): sono lo strumento operativo/funzionale alla realizzazione di un ambiente economico favorevole all’attivazione di nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova occupazione, in presenza di determinati requisiti. E' espressione del principio del partenariato sociale: è l'accordo tra più soggetti pubblici (anche locali), rappresentanze di lavoratori e datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati. I settori di intervento sono quelli dell'industria, dell’agroindustria, dei servizi e del turismo.

Contratti di sviluppo: introdotti dall’art. 43, d.l. 112/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008), rappresentano una evoluzione dei contratti di programma e dei contratti di localizzazione, pur contenendo alcuni elementi di novità rilevanti e distintivi che fanno dei contratti di sviluppo un nuovo strumento di intervento in favore delle imprese. Come per i contratti di programma, lo scopo principale dei contratti di sviluppo è di favorire l’attrazione di investimenti anche esteri e la realizzazione di progetti di sviluppo d’impresa rilevanti per il rafforzamento della struttura produttiva del Paese, soprattutto nelle aree svantaggiate e nel Mezzogiorno in particolare.

Accordi di programma (Art. 3 L.R. 76/96): possono essere conclusi quando sia necessaria l’azione integrata e coordinata di Regione, enti locali, altre amministrazioni ed enti pubblici, nei seguenti casi:
a) per la realizzazione di lavori pubblici;
b) per la realizzazione di una o più opere, interventi o programmi di intervento.
L’AP regola gli impegni assunti con consenso unanime dai soggetti pubblici, stabilisce tempi e modalità di realizzazione, le attività di competenza e modalità di finanziamento.

Protocolli d'intesa (A livello regionale si fa riferimento alla circolare interna del 19/04/2011 che ha ad oggetto i criteri per la qualificazione degli atti negoziali e/o d'intesa ai fini della valutazione da parte del CTP. Altre basi normative sono anche la L.R. 49/1999 e il PRS 2011-2015 laddove si prevede un sistema di aggiornamento dei PASL): rappresentano la manifestazione della volontà di collaborazione tra i soggetti stipulanti in vista di realizzare uno o più obiettivi condivisi, attraverso l'individuazione - in forma generica - delle attività che i sottoscrittori intendono mettere in atto a tal fine. La caratterizzazione di atto poolitico dei Protocolli è particolarmente evidente negli atti d'intesa stipulati dalla G.R. con il sistema delle Autonomie ai fini di individuare a livello generale le priorità strategiche condivisee per lo sviluppo del terriorio interessato e le macro aree di intervento. Hanno come obiettivo un più efficace svolgimento dei compiti istituzionali delle amministrazioni coinvolte, coordinamento di attività finalizzate ad uno scopo comune a due o 'più amministrazioni.

Protocolli localizzativi (PL) (Sono disciplinati dal Piano Regionale dello Sviluppo economico 2007-2010 - Asse 3. I PL si attuano mediante una procedura di natura negoziale - art. 6 del d.lgs. 123/1998 e art. 5 quater L.R. 35/2000 come modificata dalla L.R. 22/2008): definiscono le intese tra la Regione e soggetti privati finalizzate a favorire la crescita sostenibile e la qualificazione del tessuto produttivo regionale mediante la realizzazione di programmi di sviluppo industriale di particolare rilevanza strategica, aventi contenuti innovativi, di dimensione significativa, e in grado di produrre occupazione aggiuntiva. È agevolato e valorizzato l’apporto di capitali non locali, opportunamente attratti, e la promozione di interventi di innovazione, riconversione o di diversificazione produttiva da parte di aziende già operanti o che intendono operare nel territorio regionale. Costituiscono criteri preferenziali per la selezione dei progetti la creazione di reti d’impresa e tra le imprese e gli organismi di ricerca, al fine di aggregare la massa critica di risorse e di competenze necessarie alla realizzazione di programmi organici complessi finalizzati alla creazione e al consolidamento di poli di innovazione e di cluster tecnologico-produttivi.

Concertazione (Art. 15 L.R. 49/99): rappresenta il concorso dei soggetti istituzionali e la partecipazione delle parti sociali (cd stakeholders) nel ciclo della programmazione, costituisce pertanto il momento di confronto fra gli organi di governo, le rappresentanze istituzionali e le parti sociali. Il suo fine è quello di cercare un equilibrio fra interessi che possono essere fra loro contrapposti evitando così conflittualità e dispersione non solo di tempo ma anche di energie e risorse. In questo modo si rende maggiormente trasparente l’agire della pubblica amministrazione, infatti la concertazione porta con sé anche conoscenza ed informazione.
La concertazione è uno dei principi fondanti della programmazione regionale, si concretizza nei Tavoli di concertazione istituzionale - composto dalla Giunta regionale e dalle rappresentanze degli enti locali - (Il Tavolo istituzionale è disciplinato dal protocollo siglato da Regione Toscana, Anci, Urpt, Uncem e Consiglio delle Autonomie locali del febbraio 2006) e generale - composto dalla Giunta regionale, rappresentanze degli enti locali e delle associazioni di categoria - (Il Tavolo generale è disciplinato dal protocollo siglato da Regione Toscana Anci, Urpt, Uncem e associazioni di categoria del marzo 2004 – Patto regionale per lo sviluppo e la buona occupazione) . Il Consiglio regionale svolge autonome consultazioni.

Partecipazione (Art 6 Regolamento 51/R/2006): è l'insieme delle forme di informazione, comunicazione, partecipazione attiva e consultazione, anche diretta, delle amministrazioni e del pubblico, nella raccolta di dati e informazioni per la valutazione dei piani e programmi.

Valutazione: consiste nel verificare l’opportunità, l’andamento e i risultati dell’attività amministrativa ed è un percorso che si sviluppa parallelamente ed interagisce con il processo di programmazione. Con riferimento al momento in cui viene effettuata la valutazione, si distingue tra: ex-ante, in itinere, finale ed ex-post. La valutazione ex ante si caratterizza per essere effettuata prima dell’approvazione dell’atto di programmazione, selezionando fra strumenti e azioni alternativi. La valutazione in itinere è quella che viene attuata quando il piano/programma o progetto è ancora in corso di realizzazione, il suo scopo è vedere se ci sono stati problemi e/o deviazioni rispetto agli obiettivi originari e che soluzioni o correttivi apportare. La valutazione finale (immediatamente alla fine dell’intervento) ha lo scopo di verificare i risultati immediati dell’intervento stesso. La valutazione ex-post, che si effettua dopo un certo periodo dalla fine dell’intervento, ha lo scopo di fornire elementi di analisi e di giudizio circa il raggiungimento o meno degli obiettivi prefissati.

Valutazione integrata: stabilisce che tutti i piani e programmi regionali e tutti gli strumenti di programmazione negoziata cui partecipa la Regione debbano essere sottoposti, nella fase di elaborazione, a valutazione integrata sotto i profili: ambientale, territoriale, economico, sociale e degli effetti sulla salute umana. La valutazione integrata consiste quindi nel processo che evidenzia le coerenze interne ed esterne dell’atto di programmazione e la valutazione degli effetti attesi rispetto a queste 5 dimensioni, con un’ottica trasversale sulla dimensione di genere. Sono previste forme di partecipazione nel corso del processo di valutazione di piani e programmi sia intermini di confronto e concertazione con i soggetti organizzati sia in termini di informazione alla generalità del pubblico e quando prevista consultazioni per la valutazione ambientale.

Valutazione ambientale: è una procedura di valutazione introdotta con la Direttiva 2001/42/CE, tesa ad individuare i potenziali impatti ambientali suscettibili di insorgere nel corso dell’attuazione di piano/programma. Il risultato di questo processo si sostanzia poi in rapporto ambientale che viene allegato al rapporto di valutazione del piano/programma.

VIA - Valutazione d'Impatto Ambientale: è una procedura tecnico-amministrativa di verifica della compatibilità ambientale di un progetto di opera, introdotta a livello europeo con la Direttiva CEE 337/85 ed integrata dalla Direttiva 11/97CE. La VIA ha come scopo quello di individuare, descrivere e quantificare gli effetti che un determinato progetto, opera o azione, potrebbe avere sull'ambiente, inteso come insieme delle risorse naturali di un territorio e delle attività antropiche in esso presenti. Si differenzia della Valutazione ambientale strategica in quanto non si applica sulle strategie ma su progetti operativi.

Agenda 21 locale: è lo strumento strategico, che definisce obiettivi, programmi di azione e priorità che abbiano la potenzialità di integrare la dimensione ambientale con i piani a finalità economica e sociale. E’ uno strumento volontario con cui l’amministrazione locale assume un ruolo di propulsore nel coinvolgimento dei diversi attori pubblici e privati che interagiscono con il territorio.
E’ un metodo di sviluppo locale in un’ottica di miglioramento della qualità ambientale.

Principio delle pari opportunità (Gender mainstreaming): l’integrazione sistematica delle situazioni, delle priorità e dei bisogni rispettivi delle donne e degli uomini in tutte le politiche e in tutte le fasi del processo di programmazione.

IPPC: Integrated Pollution Prevention and Control, è l’acronimo previsto dalla Direttiva 96/61/CE, riguardante la prevenzione ed il controllo integrati dell’inquinamento. Vengono stabiliti i principi generali a cui devono sottostare i responsabili delle installazioni industriali al fine di assicurare un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso, incluse le misure di trattamento dei rifiuti, l'uso efficiente dell'energia, la prevenzione degli incidenti e il ripristino del sito ad uno stato soddisfacente, dopo l'eventuale cessazione definitiva dell'attività.

APEA – Aree produttive ecologicamente attrezzate (D.P.G.R. 2/12/2009 n. 74/R previsto dal D.Lgs 112/1998 APEA): aree produttive industriali, artigianali, o miste, anche inserite in contesti ispirati alla multifunzionalità, dotate di un sistema di controllo delle emissioni di inquinanti e di riduzione dei gas climalteranti; le APEA sono caratterizzate dalla presenza e dalla gestione unitaria ed integrata di infrastrutture e servizi idonei a garantire il rispetto dell’ambiente in un’ottica di sviluppo sostenibile, in conformità ai principi di prevenzione e controllo integrati dell’inquinamento, con la finalità di conseguire, unitamente alla competitività del sistema produttivo, la salvaguardia dell’ambiente, della salute e della sicurezza.

QSN - Quadro strategico nazionale: è un documento che l’Italia presenta all’Unione europea, in cui cerca indirizza le risorse che la politica di coesione destinerà al nostro Paese. Con questo documento si ottempera alla decisione dell’Unione europea di ottenere, per finanziamenti 2007-2013, un raccordo organico della politica di coesione con le strategie nazionali degli Stati membri. Si vuole in questo modo garantire la coerenza degli interventi che saranno finanziati dai Fondi strutturali con gli orientamenti strategici.

DUP - Documento Unitario di Programmazione (Delibera CIPE n. 166 del 21/12/2007): documento con cui le Regioni definiscono la strategia territoriale di politica regionale unitaria ed esplicitano le modalità di conseguimento degli obiettivi generali di tale politica e delle Priorità del QSN. L'approvazione, l’adozione e la diffusione del DUP è presupposto necessario per il trasferimento delle risorse FAS a seguito delle procedure di approvazione dei documenti di programmazione del FAS da parte del MISE.

DEF - Documento di economia e finanza (Delibera CIPE n. 166 del 21/12/2007): introduce nella programmazione nazionale il nuovo “ciclo di bilancio europeo”, al fine di consentire un pieno allineamento fra programmazione nazionale ed europea. Contiene tre sezioni: Programma di stabilità, Analisi e tendenze della finanza pubblica e Programma nazionale di riforma.

PNR - Programma nazionale di riforma: sintetizza le riforme strutturali già avviate e quelle programmate per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’agenda di Europa 2020.

Patto di stabilità: Il Patto di stabilità e crescita è un quadro di norme per il coordinamento delle politiche di bilancio nazionali nell’ambito dell’Unione economica e monetaria (UEM). È stato creato a tutela della solidità delle finanze pubbliche, importante requisito per il corretto funzionamento dell’UEM. Tutti gli Stati membri che hanno adottato la moneta unica sono tenuti a presentare programmi di stabilità. Per raggiungere gli obiettivi previsti nei programmi di stabilità, gli Stati membri coinvolgono gli altri livelli di governo esistenti nei rispettivi paesi. In Italia, a partire dal 1999, lo stato ha coinvolto le regioni e gli enti locali assegnando loro specifici obiettivi attraverso il patto di stabilità interno (Psi), elemento imprescindibile nella attività di programmazione degli enti locali.

Programmazione UE

Fondi strutturali: sono gli strumenti con cui l’Unione europea persegue la coesione e lo sviluppo economico in tutte le sue regioni con l’obiettivo principe di diminuire il più possibile il dislivello economico e sociale fra i vari Stati. La loro disciplina generale è data dal regolamento CE n.1083/2006. Nella nuova programmazione 2007-2013 la priorità di Lisbona e Goteborg si traducono in 3 nuovi obiettivi prioritari:
· Obiettivo Convergenza: continua la linea di aiuto verso le regioni che presentano gravi ritardi nello sviluppo, si vuole diminuire il gap tra le regioni più ricche e quelle più povere.
· Obiettivo Competività: si supportano quelle regioni che non rientrano nel primo obiettivo in termini di Occupabillità, innovazione, sviluppo ed imprenditorialità.
· Obiettivo Cooperazione Territoriale europea: cerca di raggiungere un equilibrio nell’integrazione del territorio dell’Unione europea.
I fondi comunitari che attuano gli obiettivi sono: il fondo sociale europeo, fondo europeo per lo sviluppo regionale, fondo di coesione.

FSE - Fondo sociale europeo: istituito nel 1958, si basa sui problemi occupazionali, infatti mira all’inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie sociali meno favorite finanziando in particolare azioni di formazione e sistemi qualificati di istruzione.

FESR - Fondo europeo per lo sviluppo regionale: istituito nel 1975, è il fondo europeo più importante per lo sviluppo regionale, in quanto finanzia la realizzazione di infrastrutture e investimenti produttivi che siano in grado di aumentare l’occupazione nelle imprese.

Fondo di coesione: fondo europeo finalizzato al sostegno delle Regioni in ritardo di sviluppo. Finanzia progetti sulla tutela ambientale e all’estensione delle reti transeuropee di trasporto negli Stati che hanno un Pil pro capite inferiore al 90% della media comunitaria.
I documenti programmatici attraverso i quali si attuano gli obiettivi prioritari ed i fondi strutturali, sono essenzialmente: i quadri comunitari strategici, i programmi operativi nazionali, i programmi operativi regionali e il Docup.

FEARS - Fondo europeo per l’agricoltura, orientamento e garanzia: costituisce lo strumento finanziario della politica comune e dello sviluppo rurale. Non rientra nei fondi strutturali, in quando deriva dai fondi per lo sviluppo rurale comune.

FEP - Fondo europeo per la pesca: il cui fine è garantire lo sviluppo sostenibile del settore europeo della pesca e dell’acquacoltura. Il Fondo ha come ulteriore obiettivo quello di rendere maggiormente competitiva la flotta e nel medesimo tempo promuove le misure destinate alla tutela dell’ambiente. È un fondo a sé stante, che non rientra fra quelli strutturali.

QCS - Quadro Comunitario di sostegno: è il documento che descrive le priorità d’azione dei Fondi Strutturali in un determinato Stato membro, inoltre specifica gli obiettivi degli interventi e la partecipazione finanziaria dei Fondi strutturali. Il QCS detta le basi per la stesura dei PO e garantisce il coordinamento dell’’insieme degli aiuti strutturali comunitari nelle regioni interessate dai vari PO. Il QCS scompare nel ciclo di programmazione 2007-2013.

Orientamenti strategici comunitari in materia di coesione sono redatti in forma di documento strategico per le politiche nazionali e regionali. Viene adottato dal Consiglio Europeo, sulla base di una proposta della Commissione, previo parere del Parlamento, dove si indicano le priorità comunitarie che devono essere sostenute tramite la politica di coesione, al fine di potenziare le sinergie con la strategia di Lisbona. Gli orientamenti sono di riferimento per l’elaborazione dei quadri strategici nazionali.

PO - Programmi operativi: sono documenti approvati dalla Commissione europea per l’attuazione del QCS. Al loro interno sono previste le descrizioni della strategia perseguita e delle priorità tematiche suddivise per assi. Nel documento è specificato anche il piano finanziario annuale con la ripartizione dei fondi, siano essi comunitari, nazionali, regionali e/o privati.
Al loro interno si dividono in PON e POR, i primi sono nazionali, mentre i secondi sono di competenza delle regioni ed hanno un’impostazione uniforme. Sostanzialmente si dividono in 5 capitoli: analisi della situazione di partenza, strategia di sviluppo, assi prioritari d’intervento, piano finanziario, disposizioni di attuazione. Esistono anche i POIn (Programmi Operativi Interregionali) per conseguire obiettivi riferibili ad aree più ampie di quelle di una singola regione. Il QSN prevede che i Programmi interregionali cofinanziati dai Fondi strutturali e destinati alle sole regioni dell’obiettivo “Convergenza”, siano estesi a tutte le regioni del Mezzogiorno avvalendosi del PNIM- Programma Nazionale Interregionale Mezzogiorno- sulla base di risorse finanziarie Fas (Fondo per le aree sottoutilizzate).

Principio di addizionalità: impone che la spesa dei fondi strutturali non debba sostituire la spesa nazionale e/o regionale, ma si debba integrare con quest’ultima al fine di rendere più efficace il processo di crescita economica e sociale. Questo significa che i fondi strutturali non debbano finanziare per intero i progetti, ma che si inseriscono insieme alle finanze nazionali/regionali. E’ un cofinanziamento.

Principio della concentrazione: il suo obiettivo è quello di massimizzare l’effetto degli investimenti strutturali rispetto alle priorità politiche stabilite in modo generale a livello comunitario e in modo più specifico a livello nazionale e regionale.

Principio del partenariato: inizialmente inteso in senso “verticale”, cioè come rapporto tra la Commissione e gli Stati membri/Regioni, mentre adesso si tenta verso una dimensione “orizzontale” cioè coinvolgendo anche gli stakeholders locali. Si garantisce così non solo un coordinamento ed una gestione più efficace e trasparente, ma anche una maggior legittimità agli interventi strutturali.

DOCUP - Documento unico della programmazione: è il documento con il quale vengono utilizzati i fondi europei, per lo sviluppo economico e produttivo per il periodo 2000-2006. Il Docup è stato sostituito, nella nuova programmazione comunitaria 2007-2013, dal POR.

PISL - Progetti integrati di sviluppo locale: previsti dal Docup 2000-2006 costituiscono una modalità di progettazione in grado di integrare tipologie differenziate di azioni per lo sviluppo territoriale. Sono progetti intersettoriali, comprendendo interventi sia sul sistema produttivo che sulle risorse umane, frutto di un’ampia concertazione condotta su base locale.

Piuss - Piani integrati di sviluppo sostenibile: rappresentano lo strumento attraverso il quale la Regione Toscana intende dare attuazione alle politiche di sviluppo economico e sociale in aree urbane delineate nell’Asse V del Programma Operativo Regionale “Competitività regionale e occupazione” del Fesr 2007-2013 (POR CReO). Finalità di ogni singolo Piuss è quella di progettare un insieme coordinato di interventi, pubblici e privati, per la realizzazione – in un’ottica di sostenibilità - di obiettivi di sviluppo socioeconomico, attraverso il miglioramento della qualità urbana ed ambientale.

Sitografia

Per approfondimenti si consigliano i seguenti siti, dove sono esplicitate alcune delle definizioni sopra citate.
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