Con la delibera di Giunta che trasmette al Consiglio la risposta alle osservazioni sul Piano paesaggistico adottato, per l'approvazione del Piano paesaggistico rimane soltanto l'ultima fase di competenza del Consiglio regionale, ferma restando la necessità di condividere con il Mibact l'insieme delle modifiche che saranno apportate al Piano.
Il lavoro di controdeduzione alle 605 osservazioni pervenute è stata l'occasione per migliorare singoli contenuti, chiarendoli e precisandoli per renderne più efficace l'applicazione, in un quadro di conferma complessiva dell'impianto del Piano.
Tutte le osservazioni pervenute sono state istruite con attenzione, accogliendo tutte quelle pertinenti e coerenti con le finalità del Piano paesaggistico. E' stata affinata la coerenza tra i diversi testi analitici e interpretativi, e si è data maggiore unitarietà formale alla disciplina. Per quanto riguarda le schede d'ambito, in particolare, tutte le indicazioni normative sono state riportate unitariamente alla fine di ciascuna scheda.
Tra i contenuti del Piano maggiormente osservati, gli aspetti della perimetrazione e della disciplina dei beni vincolati ai sensi del Codice, le relazioni tra il Piano paesaggistico e le attività economiche (agricoltura e cave, in particolare), i temi della semplificazione e della partecipazione.
Il tema della perimetrazione e della disciplina dei beni vincolati, dove la necessaria condivisione con il Mibact è più significativa, è stato chiarito e laddove utile e fattibile precisato.
La discussione più vivace, a tratti persino verbalmente violenta, che si è sviluppata intorno al Piano adottato è stata tuttavia quella relativa in primis all'agricoltura, e secondariamente altre attività economiche, con le cave ancora (dopo la forte discussione nella fase pre-adozione) in prima linea..
Per quanto riguarda l'agricoltura, nonostante i numerosi contenuti del piano a favore di questa attività, abbiamo dovuto registrare una forte preoccupazione preventiva rispetto alla possibilità che i Comuni, nel recepire il Piano nei propri strumenti urbanistici, potessero imporre nuovi vincoli alle trasformazioni agricole
I punti principali del Piano paesaggistico adottatoche valorizzano il settore agricolo sono i seguenti:
- Tutela del territorio agricolo contro l'eccessiva urbanizzazione - Il piano contiene misure volte a evitare il consumo e la frammentazione del territorio agricolo, sia in collina, sia in pianura e a fondovalle, per opere di urbanizzazione non agricole. Questo darà nuove possibilità di sviluppo anche all'agricoltura periurbana.
- Recupero delle aree già agricole ricolonizzate da arbusteti o boschi - Con la revisione della definizione di bosco, e della conseguente tutela paesaggistica imposta dalle norme statali, sarà possibile il recupero di aree ex agricole invase dal bosco negli ultimi decenni, dando così impulso allo sviluppo dell'agricoltura e dando opportunità anche ai giovani ‘senza terra' che vogliono dare avvio ad imprese agricole.
- Qualità dei paesaggi rurali - Il piano paesaggistico rivolge una nuova attenzione alla qualità dei paesaggi rurali. Potranno essere promossi specifici "progetti di paesaggio" per i diversi territori rurali, per garantire un'immagine coerente dei luoghi, con procedure semplificate per le trasformazioni che vanno in questa direzione.
- Osservatorio regionale per il paesaggio - Un osservatorio regionale per il paesaggio, che sarà articolato sul territorio, garantirà la possibilità di valutare tutte le questioni che dovessero presentarsi in futuro, promuovendo anche eventuali integrazioni o modifiche. Sarà questo uno strumento importante perché il piano possa configurarsi nel tempo anche come strumento di valorizzazione reciproca fra paesaggio e agricoltura.
Con il perfezionamento della disciplina di piano apportato nel recepimento delle osservazioni sono stati meglio definiti i caratteri, le finalità ed i limiti delle diverse disposizioni, fornendo così indicazioni più chiare ai diversi enti territoriali. E' stato evidenziato più chiaramente il valore essenziale della buona agricoltura come componente primaria del paesaggio ed argine fondamentale ai fenomeni di abbandono e di consumo di suolo. Al tempo stesso è stato meglio definito il limite tra libertà delle scelte colturali, che lo stesso Codice ribadisce, e trasformazioni che, pur prodotte a fini agricoli, comportano modifiche del territorio e del paesaggio tali da richiedere una regolazione pubblica.
Il tema del paesaggio rispetto alle attività agricole, in questi mesi di discussione intorno al Piano paesaggistico adottato, è peraltro emerso come un tema importante anche nella nuova PAC, la politica agricola comunitaria europea, che prevede esplicitamente una serie di condizionalità, nell'erogazione dei finanziamenti all'agricoltura, finalizzate alla qualità del paesaggio.
La questione delle cave, e in articolare della regolazione dell'attività di escavazione presente nelle Apuane, è stata oggetto di numerose osservazioni sia da parte delle imprese di cava che delle associazioni ambientaliste, oltre a quelle presentate da alcuni Comuni.
Tra le principali novità introdotte dal Piano adottato, la valutazione di compatibilità paesaggistica per tutte le cave nonché, per i bacini estrattivi delle Apuane, l'obbligo di uno specifico piano attuativo che, facendo propri gli obiettivi e le altre indicazioni dettate dal Piano per ciascun bacino, definisca quantità e modalità di escavazione sostenibili.
Con la controdeduzione alle osservazioni si è specificato che la valutazione paesaggistica – da svolgersi conformemente alle norme e linee guida regionali - non comporta tuttavia un nuovo procedimento aggiuntivo, facendo parte o della autorizzazione paesaggistica, ove dovuta, oppure della VIA.
E' stato altresì precisato che cosa si intende per "nuove cave": non solo le nuove zone di escavazione, ma anche l'ampliamento di cave attive, la riattivazione di cave dismesse, la riattivazione di cave per le quali scaduta l'autorizzazione.
Per quanto riguarda le norme relative alle zone di cava esistenti sopra ai 1200 metri e nei "circhi glaciali", quest'ultimi habitat protetti da vincoli speciali per la presenza di tracce di antichi ghiacciai, rispetto alle norme adottate sono state soltanto migliorate alcune definizioni e precisati alcuni contenuti.
Mantenendo fermo il divieto all'apertura di nuove cave sono state specificate, rispetto alle norme del piano adottato, alcune delle condizioni previste per la riattivazione di cave dismesse e l'ampliamento delle cave esistenti sopra ai 1200 metri, precisando che:
- le vette e crinali da tutelare sono quelli riportati nell'apposito allegato al piano;
- i piazzali in quota vietati sono quelli a cielo aperto;
- le opere infrastrutturali non consentite quando irreversibili sono quelle esterne all'area di cava.
- non devono comportare escavazioni a cielo aperto a quote superiori a quelle già autorizzate nei singoli fronti di cava né l'apertura di nuovi fronti di cava in aree integre.
Complessivamente, tra norme generali, disposizioni relative ai singoli bacini e disciplina dei beni paesaggistici, la tutela non è stata affatto allentata, come invece erroneamente annunciato da alcuni articoli pubblicati dalla stampa all'indomani della delibera di giunta.
Le montagne sopra i 1200 metri, i circhi glaciali e i territori dei Parchi regionali e nazionali sono peraltro aree vincolate per legge dallo Stato, nelle quali l'autorizzazione paesaggistica necessaria per qualsiasi trasformazione è tenuta a garantire per l'appunto la conservazione del bene tutelato.
L'intensa discussione che ha accompagnato per l'intero 2014 il dibattito sulle regole del Piano rispetto alle attività di cava mi sembra peraltro far emergere in modo esemplare il fatto che una maggior attenzione al paesaggio può produrre anche, paradossalmente rispetto al senso comune che spesso accusa i piani paesaggistici di impedire lo sviluppo, una maggior attenzione all'occupazione e al benessere (anche economico) delle popolazioni locali. Nel caso delle Apuane la relazione positiva tra maggior attenzione al paesaggio e maggior occupazione è emersa con chiarezza sia in relazione alla lavorazione del marmo che alla domanda di poter sviluppare, nonostante l'estrazione del marmo, altre economie. Il Piano paesaggistico può dare, a questo riguardo, solo alcune prime risposte, ma questo dibattito è estremamente significativo di come il tema del paesaggio possa rappresentare un'opportunità per ripensare lo sviluppo.
Infine, le osservazioni relative alla (mancata) semplificazione nelle aree paesaggisticamente vincolate e alla (mancata) partecipazione nella formazione del Piano.
Rispetto all'esigenza di semplificazione giustamente rivendicata da più parti, in particolare relativamente agli interventi di minor entità da realizzarsi in aree interamente urbanizzate realizzate negli ultimi decenni all'interno di aree a vincolo, l''intesa sottoscritta il 28 ottobre 2014 presso il Mibact contiene risposte più che soddisfacenti.
Nello specifico sono stati individuati i 32 tipi di interventi edilizi- all'interno delle aree riconosciute come gravemente compromesse e degradate a seguito della procedura coordinata tra Regione e Mibact – che non richiedono più il rilascio della autorizzazione paesaggistica, in quanto volti alla riqualificazione dell'edificato esistente. Sono comunque esclusi i centri storici.
Una ulteriore semplificazione riguarda specifiche aree di pertinenza fluviale, di laghi, fascia costiera e boschi, per i quali sia verificata, in base a una ricognizione coordinata di Regione e Mibact, la non sussistenza del valore paesaggistico. All'interno di queste ultime aree, pur permanendo il vincolo, le diverse trasformazioni non dovranno più essere sottoposte ad autorizzazione paesaggistica.
Quanto invece ai rilievi ricorrenti (benché generici) in merito alle modalità di informazione, comunicazione e partecipazione che il piano ha adottato per la propria formazione, è stato puntualmente risposto elencando tutti gli incontri di concertazione e partecipazione, nonché gli strumenti di informazione, attivati prima dell'adozione del Piano.
Il Piano è stato infatti costruito con un coinvolgimento di cittadini e amministrazioni locali assai più esteso non soltanto di quanto previsto dalla legislazione toscana vigente, ma altresì di quanto attivato per altri piani regionali. Fra marzo 2013 e giugno 2014 sono stati tenuti circa 70 incontri con enti locali, associazioni di categoria, di cittadini, associazioni culturali e ambientaliste. Il Piano è stato altresì presentato nella sua impostazione e discusso nelle sue scelte anche in due serie di incontri nei diversi territori tra l'estate del 2012 e la primavera del 2013 che hanno consentito una serie di approfondimenti tematici con le amministrazioni e le popolazioni direttamente interessate.
Anna Marson
Assessore a urbanistica, pianificazione del territorio e paesaggio
Regione Toscana