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10 febbraio 2011
13:21

Rossi: 'Ricordare le Foibe non significa mettere in discussione la Resistenza'

FIRENZE - "Ricordare le Foibe e la tragedia dell'esodo degli italiani dalle terre d'Istria, di Fiume e della Dalmazia non significa mettere in discussione i valori della Resistenza. La Resistenza altro ed un rischio che non corriamo, come pi volte ha ricordato anche il presidente della Repubblica Azeglio Ciampi".

Lo aveva precisato ai giornalisti il presidente della Toscana Enrico Rossi, poco prima dell'inizio della seduta solenne del Consiglio Regionale dedicata stamani al ricordo della tragedia degli italiani, dei 350 mila esuli e di tutte le vittime (forse pi di diecimila) delle Foibe sul finire della seconda Guerra Mondiale lungo il confine orientale . Una tragedia che dal 2005, con una legge dello Stato dell'anno precedente, l'Italia ricorda ogni 10 febbraio.

"Ricordare le Foibe - aveva sempre aggiunto ai giornalisti Enrico Rossi, poco prima di concludere la seduta solenne a Palazzo Panciatichi - vuol dire soffermarsi su un grande ferita, dopo lunghi e prolungati silenzi. Vuol dire esecrare tutte le stragi, di ogni tempo e in ogni luogo. Vuol dire richiamare ognuno ad una memoria condivisa. Significa aiutare i giovani alla costruzione di una coscienza pi aperta al dialogo e che rifugga l'uso della violenza, le discriminazioni, l'intollerranza e ancor peggio le pulizie etniche".

"La tragedia delle Foibe fu un'operazione pianificata in cui confluirono interessi del nuovo stato yugoslavo, odio nazionalistico anti-italiano, contrapposizione ideologiche e vendette personali, all'interno di un clima da 'resa dei conti'" ricorda subito dopo Rossi durante l'intervento in Consiglio regionale, richiamando la ricostruzione fatta poco prima da Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale, storica associazione fondata nel 1891 a Trieste.

"Ricordare le Foibe - aggiunge, rispondendo ad alcune polemiche - ha senso se diventa una totale esecrazione di tutte tutte le stragi e di tutte le violenze: quelle legate al nazismo e fascismo e quelle compiute da chi diceva di richiamarsi al movimento e ai valori comunisti. In Toscana lo abbiamo fatto e continuamo a farlo, senza tentennamenti".

L'accoglienza di Livorno ai profughi istriani

"Ma la storia dei profughi istriani ha molto da insegnare anche per quanto riguarda l'accoglienza e la solidariet , oggi, verso chi arriva ed ha perso tutto" aggiunge in coda al suo intervento il presidente della Toscana.

Rossi ricorda in particolare l'accoglienza che i profughi istriani ebbero nella citt di Livorno, all'indomani della fine della seconda guerra mondiale.

"Furono loro assegnate case popolari, furono aiutati con sussidi - spiega Rossi - A Livorno, come in molte altre parti d'Italia in quegli anni, c'erano sacche di povert estrema. Qualcuno si poteva sentire scippato di un sostegno di cui si riteneva pi meritevole. Nella rossa Livorno e nella Toscana rossa i profughi avrebbero potuto essere etichettati come ex fascisti in fuga. Eppure mai si registrarono episodi di intolleranza". "Un esempio di accoglienza non banale e di solidariet alta e non scontata - conclude Rossi - che ha molto da insegnare rispetto ad altri episodi di intolleranza che si registrano invece oggi".