Istituzioni
23 settembre 2012
9:28

Rossi alla Nazione: 'Arezzo da sola? Più vicina. Ho parlato con il ministro'

Pubblichiamo l'intervista al presidente Enrico Rossi di Salvatore Mannino, della Nazione di Arezzo, sul tema della riforma delle Province.

«Mi raccomando, mai dire gatto se non l'hai nel sacco. E qui il gatto nel sacco non c'è ancora. Anche perchè non dipende da me». Il governatore Enrico Rossi gioca alla Trapattoni, almeno sul caso di Arezzo provincia. E tuttavia stavolta ci crede davvero di portare a casa il risultato in cui qui tutti (o quasi) sperano. «Spero proprio che alla fine gli aretini mi ringrazieranno», dice dopo il doppio incontro (l'ultimo giovedì) con il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi, quello che gestisce la riforma delle province per conto del governo Monti. Perchè a Roma uno spiraglio sembra essersi aperto davvero. Concreto, sia pure con tutte le incognite di un decreto sul quale la battaglia continua. Arezzo autonoma (di Arezzo capoluogo dell'area vasta Rossi per ora non parla) non è più il sogno romantico di appena 15 giorni fa, ai tempi degli Stati Generali della Borsa Merci. E non è neppure un'idea che viaggia sulle punte dei forconi che qualcuno aveva evocato. Non ce n'è bisogno, basta la ragione.

Governatore, cosa è uscito dai due incontri col ministro?

«Senta, io ho ribadito che l'ipotesi di razionalizzazione più efficace resta quella delle aree vaste, ma ho anche sottolineato la specificità di Arezzo. Ha un territorio molto vasto che già rientra nei parametri e anche la popolazione, di fatto, sta dentro la soglia del decreto. E' vero che la manca di poco se si guarda al censimento, ma la supera leggermente negli ultimi dati Istat, che sono stati comunicati anche al governo dal vostro prefetto».

E Patroni Griffi cosa ha detto?

«Mi ha spiegato che impegni formali non ne può prendere, perchè sarebbero prematuri, ma mi è sembrato che non fosse affatto insensibile. Anche perchè gli ho spiegato la reazione molto forte degli aretini. Prima però c'è un lavoro che dobbiamo fare noi in Toscana, in seno al Cal, il consiglio delle autonomie locali, e poi in consiglio regionale, cui spetta di presentare la proposta formale di riorganizzazione del territorio. E' lì che debbono essere rimarcate le specificità come quella di Arezzo. E' li che va chiesto un impegno forte e deciso».

Anche perchè Arezzo è una situazione praticamente unica in tutta Italia.

«E' vero, credo che non esista nessun altra provincia che è dentro un parametro e agli effetti pratici nei limiti anche dell'altro. Il ministro mi ha spiegato che condivide lo spirito della Regione».

Ma quante province potrebbero esserci in Toscana dopo l'accorpamento? Almeno quante dovrebbero essercene perchè il governo dia il suo assenso?

«Ci sono situazioni che ancora devono essere affrontate e risolte. In linea generale, più stiamo bassi e più abbiamo possibilità che la nostra proposta passi anche a Roma».

Governatore, c'è stato un momento molto difficile nei rapporti fra lei e gli aretini. Tutto un malinteso oppure la sua posizione ha avuto un'effettiva evoluzione e lei si è convinto delle ragioni di questa città e di questa provincia?

«Ho detto fin dall'inizio quello che pensavo. Che quella di Arezzo era una battaglia giusta se vista dal vostro punto di vista, che al posto degli aretini l'avrei fatta anch'io. L'ho detto a Stia all'inizio di agosto e l'ho ribadito a Camucia e nella direzione provinciale del Pd. Mi pare di essere stato coerente.

Ma lei all'inizio parlava di tre macro-aree...

«Era la posizione giusta dal punto di vista tattico, il momento di partenza sul quale innestare poi la specificità aretina. Altrimenti si sarebbe aperta la strada a tutti i particolarismi. Mi pare che alla fine abbia giovato anche allo scenario della salvezza della vostra provincia».

Eppure col sindaco Fanfani non sono sempre state rose e fiori...

«Io non ho mai fatto polemica con lui. L'ho ricevuto subito quando me lo ha chiesto e gli ho spiegato le mie posizioni. Mi è dispiaciuto poi che il tutto si sia tradotto in qualche dissapore.

Il momento di maggiore tensione è stato quello delle indicazioni dei tre capoluoghi delle aree vaste: Firenze, Siena e Grosseto. Ci crede ancora?

«Credo sia difficile negare che quelli siano i punti di riferimento naturali. Fatta salva la vostra particolarità. Sia chiaro: io non ho mai giocato contro Arezzo».