Sono le grandi opere architettoniche ed artistiche che rendono subito visibili e presenti a chi vive e viene a Firenze le grandi testimonianze del Rinascimento, dalla Primavera del Botticelli al David di Michelangelo, senza nulla togliere alle altre che fanno parte di un immenso ed affascinante elenco.
Opere che hanno una dimensione “tattile”, visiva, monumentale, pittorica, che stupiscono e attirano l’attenzione e l’emozione, realizzate e spesso concepite accanto ad altre forme artistiche che per la loro stessa natura non lasciano traccia se non nella memoria di chi era presente a viverle nell’immediatezza della loro dimensione espressiva.
Il rinnovato interesse per la musica antica rende giustizia all’arte dei suoni e della musica, ben presente nel contesto culturale del periodo in occasioni pubbliche e private e ne restituisce una “colonna sonora” documentata nel volume “Il Rinascimento invisibile”” del maestro e liutista Giovanni Bellini, edito per i tipi di LoGisma e presentato nella Sala Esposizioni di palazzo Strozzi Sacrati dall’autore assieme alla professoressa Elisabetta Torselli, musicologa e docente presso il conservatorio Arrigo Boito di Parma, al maestro Alessandro Quarta, polistrumentista e direttore dell’Ensamble Concerto Romano e al presidente della Regione Eugenio Giani.
Nel volume, accompagnato dal CD “Il liuto di Lorenzo”, Bellini, interprete di fama mondiale di musica rinascimentale e barocca, propone la riscoperta di alcuni tra i principali compositori attivi o eseguiti nella Firenze di fine Quattrocento come Heinrich Isaac, Alexander Agricola e Johannes Ockeghem e delle loro opere, ascoltate e apprezzate nei più importanti palazzi nobiliari della città ed anche nelle strade e nelle piazze in momenti più popolari e informali.
Le pagine ricostruiscono, nelle parole di Alessandro Quarta, “la componente musicale di città come Firenze e Roma, famose per gli occhi e per i loro capolavori “visibili”, ma non per l’udito e la percezione del suono, che resta parte essenziale del contesto culturale rinascimentale.”
Un lavoro di passione e ricerca che riesce appunto a ricostruire il “contesto”, gli spazi, le voci ed i suoni di un periodo storico seguendo con pazienza tracce di un repertorio che comprende anche undici brani composti da Lorenzo il Magnifico, particolarmente appassionato al canto “carnascialesco” che animava Firenze nei giorni di festa precedenti alla Quaresima assieme a spettacoli di carri e fiaccole.
“Quant’e bella giovinezza” ne è l’esempio più conosciuto, dove i soggetti trattati, ispirati con delicatezza ad allusioni amorose esplicite, spiega l’essenza stessa dello spirito rinascimentale cittadino che, come sottolinea Eugenio Giani “nel “chi vuol esser lieto sia / del doman non v’è certezza” rievoca lo spirito stesso di Lorenzo il Magnifico anche oltre il suo significato più poetico ed immediato e ne identifica la cultura, la politica, il gusto del mecenatismo verso tutte le espressioni artistiche ed architettoniche”.
La presenza dei musicisti fiamminghi e “oltremontani”, l’influenza della musica europea, il percorso attraverso i luoghi di una Firenze da “ascoltare” nel suono degli strumenti originali sono il contributo che “Firenze e il Rinascimento invisibile” regala alla città e a chi desidera viverla nel suo fascino multidimensionale e più autentico.