Giornalista, politico, manager, innovatore e protagonista delle più importanti vicende politiche e culturali dell’Italia del secondo dopoguerra, vissute in strettissimo rapporto personale e professionale con le persone che costruivano e decidevano il futuro del Paese.
Ettore Bernabei e La Pira, il rapporto strettissimo con Fanfani, la rispettosa familiarità con Aldo Moro, il suo ruolo nelle principali aziende di Stato e il mestiere quotidiano della notizia.
Le oltre seicento pagine di “Diari. Tra giornalismo e impegno politico” edito da Rubbettino riescono a restituirci una visione completa ed articolata di Bernabei e fanno parte di un progetto di ricerca composto dai professori Cosimo Ceccuti, Mario G. Roggi, Agostino Giovagnoli e Gianni La Bella, incaricato di coordinare il primo volume dell’opera dedicato agli scritti compresi negli anni che vanno dal 1956 al 1960, presentato a palazzo Sacrati Strozzi con l’intervento del presidente Giani assieme a Cristina Giachi, presidente della Commissione cultura della Regione Toscana, il presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia Cosimo Ceccuti, la presidente della Fondazione Giorgio La Pira Patrizia Giunti, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze Luigi Salvadori, il giornalista e politico Marco Follini, il presidente di Arcton Piero Meucci e Gianni La Bella.
ll volume, pubblicato con il patrocinio della Regione Toscana, del Ministero della Cultura, del Comune di Firenze e della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, raccoglie la prima parte dei documenti depositati presso l’Associazione Arcton, Archivi di Cristiani nella Toscana del Novecento che documentano gli anni nei quali il gruppo aretino della Democrazia Cristiana incarica Bernabei, direttore del Giornale del Mattino di Firenze, di trasferirsi a Roma e assumere la direzione dell’organo ufficiale del partito, “Il Popolo”, con il preciso intento di trasformarlo in un quotidiano moderno in grado di rispondere ai grandi cambiamenti che il mondo dell’informazione italiano stava attraversando.
E’ difficile mettere a fuoco scrivendo solo di “potere” o “giornalismo” la figura e l’importanza di Ettore Bernabei, che emerge qui a figura intera proprio nei suoi appunti privati, dove l’urgenza di riflettere e metter le cose a loro posto traduce con immediatezza e semplicità questioni complesse e decisioni difficili, spiegandone ragioni, motivazioni e a volte incertezze corredate da una spigolosità e un rigore caratteriale tradotti spesso in giudizi, come ricorda Marco Follini, testimone diretto di quegli anni, “impietosi, duri, severi e non di rado sprezzanti sulla politica italiana dai quali solo La Pira e Fanfani riescono a salvarsi, sovente espressi con quel ruvido spirito toscano che poco risparmia, tutti quasi sempre in controluce rispetto ai fatti come fino ad oggi sono stati conosciuti e riportati come fossero pagine di un “Todo Modo” scritto prima di Sciascia”
Sono gli anni nei quali proprio a Roma e Milano nascono e stanno maturando progetti editoriali di grande impatto innovativo: sotto l’egida di Adriano Olivetti escono in edicola i primi numeri dell’ “L’Espresso” ideato da Arrigo Benedetti ed Eugenio Scalfari, dall’iniziativa di Enrico Mattei nasce “Il Giorno” affidato a Gaetano Baldacci che affida la sua idea di un “Daily Express” italiano al designer Giuseppe Trevisani, curatore della veste grafica del quotidiano che si presenta ai lettori con una impaginazione su otto colonne invece delle abituali nove, una prima pagina a vetrina con titoli grandi e vivaci e poi con un supplemento settimanale a colori dedicato ai ragazzi con le migliori tavole del fumetto statunitense.
Al carattere fiorentino di Bernabei ed alla sua esperienza giornalistica viene affidato il compito di allineare e rendere attuale l’informazione di ispirazione cattolica rispondendo a sfide editoriali che potevano valersi delle popolari firme di Mario Fossati, Gianni Brera, Gian Maria Cazzaniga, della moderna cronaca mondana di Adele Cambria, di quotidiani che entravano nelle case dei lettori con l’autorevolezza della brillante sintonia con il mondo che cambia.
Negli scritti di “Diari” e con parole semplici c’è tutto l’impegno e lo spessore culturale, umano e politico di Bernabei, che spiegano bene la chiarezza di idee di un giornalista fiorentino intenzionato a rappresentare in un modo nuovo e dinamico le ragioni e le idee di un’opinione pubblica di orientamento cattolico, desiderosa di un’informazione al passo con i tempi e capace di proporre argomentazioni in grado di rappresentare un’identità culturale aperta e pronta al confronto. E' qui che i diari si aprono qui alla toscanità di certi giudizi abrasivi sulla politica, lati inediti e privati che spiegano decisioni difficili e illuminano di luce completamente nuova eventi storici fino ad oggi codificati solo dalla storiografia e mai esplorati nei loro retroscena.
Pagine e appunti, come sottolinea Giani, “che spiegano ambienti, scelte decisive per la politica, l’economia e l’informazione di quegli anni e ne permettono una rilettura storica preziosissima attraverso una forma diaristica che evidenzia i risvolti umani della storia politica italiana ma anche certi aspetti di enorme importanza mai emersi e approfonditi nella storiografia corrente. Dettagli, accenni, giudizi taglienti, note a margine sorprendenti che danno un senso profondo agli eventi offrendone una visione unica”.
Sono pagine che rivelano in filigrana spunti e strategie che quattro anni più tardi, quando Bernabei verrà chiamato a dirigere la più importante industria culturale italiana e porre le basi per la crescita e lo sviluppo della Rai come modello di servizio pubblico radiotelevisivo, diventeranno fondamentali per spiegare l’importanza di certe scelte che, nei limiti e nei momenti d’eccellenza, non riguardano solo la politica, il giornalismo, l’informazione e il modo di porgere le notizie ma andranno a costruire nel costume, nell’intrattenimento e nei tratti culturali di riferimento l’identità popolare dell’Italia del secondo novecento.